S'incarta il maestro Sallusti e confonde il futuro con il passato
Tempi
duri per i giornalisti della galassia comunicativa di Berlusconi. Da un anno,
proprio nel periodo più incerto e difficile della nostra storia, hanno criticato
tutto quello che faceva il governo di Giuseppe Conte, a prescindere, e anche
quello che ruotava intorno ad esso. Medici, infermieri, vaccini, tamponi,
aperture, chiusure, ospedali, decreti, ordinanze, orari, conferenze,
comunicazioni, colori. Tutto. Ora che è arrivato Mario Draghi, sostenuto da una
maggioranza in cui c’è pure Forza Italia, le cose sono radicalmente cambiate.
Fuori Giuseppe Conte e Domenico Arcuri, i principali obiettivi, ora è rimasto da
criticare solo il ministro Roberto Speranza. Un po’ poco. E allora bisogna ricordare
il passato. Oggi lo fa in maniera singolare e grottesca Alessandro Sallusti, su
il Giornale, il quotidiano che dirige. Comincia giudicando la “forma” di un messaggio
di Mario Draghi in quanto dice “ho visto all’opera il peggiore comunicatore
della storia dei presidenti del Consiglio”. Dopo aver descritto com’è apparso
in quel brevissimo video, registrato, ha commentato: “Draghi è stato un vero
disastro nell’epoca dei social e dei clic”. Da questo punto di vista, in verità,
nemmeno Sallusti, è apparso mai, in video, un fenomeno in comunicazione. Certo,
mi potrebbe ribattere che lui non fa il presidente del Consiglio, ma dal
presidente del Consiglio si chiede, e si pretende, la sostanza, l’unica cosa importante
che interessa, non la forma. Ma, torniamo all’articolo. “Ma c’è un “ma” grosso
come una casa. Detto tutto questo, Mario Draghi è il primo presidente a dirci
come stanno le cose e non come vorremmo – o vorrebbe lui, che è poi la stessa
cosa – che stessero. Concetto riassumibile in una frase del suo discorso che
andrebbe incorniciata e imparata a memoria da qualsiasi politico: “Non voglio promettere
nulla che non sia veramente realizzabile”. Dopo anni di “vedremo”, “faremo”,
“studieremo”, spacciati per fatti e verità acquisite, sentire il comandante in
capo dire non voglio promettere… ci lascia più tranquilli e ottimisti sul
futuro, più o meno come immagino lo furono – non voglio fare paragoni eccessivi
– gli inglesi già in guerra contro Hitler ascoltando il primo discorso di
Winston Churchill premier d’emergenza “non ho nulla da offrirvi se non fatica,
lacrime e sudore”. Straordinario. Il
direttore Sallusti, non c’è che dire, è stato eccezionale. Prima mi pare che si
sia incartato un po’ sui verbi. Se uno dice “vedremo”, “faremo”, “studieremo”,
usa il futuro e per la grammatica italiana significa “che sarà o verrà in
seguito; che rispetto al presente, deve ancora avvenire”. Quindi solo Sallusti
capiva che quando qualcuno del vecchio governo (che poi a questo intende
riferirsi) diceva “vedremo” voleva dire che aveva già visto, “faremo” che aveva
già fatto, e “studieremo” che aveva già studiato, per tutti gli altri
significava, invece, dispiace contraddire il direttore, che tutte queste cose
dovevano ancora avvenire. Come facevano a spacciarle per fatte? Poi
l’accostamento audace con il discorso di Churchill non è un paragone eccessivo,
è tragico e patetico, del tutto fuori luogo. E sconfina addirittura nell’assurdo
quando dice che uno, anche se è inglese, possa rimanere “tranquillo e
ottimista” quando sente dire, seppure da Churchill, che gli offre “fatica,
lacrime e sudore”. Va bene che il ritorno di Forza Italia al governo provoca euforia,
ma qui mi sembra che l’ebbrezza abbia preso la mano.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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