Draghi, Letta, Conte, tre piloti per tre macchine moderatamente sgangherate

 Sembrano che tutti e tre, Mario Draghi, Enrico Letta, Giuseppe Conte, siano venuti dal nulla.  Capitati quasi per caso nel circuito della politica italiana per guidare tre macchine: l’Italia, il Pd e i 5 Stelle. Tre mezzi moderatamente sgangherati. E così ora tutti guardano, con meraviglia e curiosità, cosa riusciranno a fare. E anche con un certo interesse perché le faccende cui sono chiamati a sbrigare riguardano, chi più chi meno, un po’ tutti. Mario Draghi si stava godendo il suo meritato riposo a Città della Pieve, nella dolce Umbria, dopo anni intensi alla Banca d’Italia e alla Bce, quando improvvisamente ha chiamato il Quirinale. E a Sergio Mattarella non si può dire di no, si risponde in un solo modo: obbedisco. E così è stato. Il buon Mario è andato a Roma, è passato e si è preso una macchina, ma appena arrivato a Palazzo Chigi si è accorto che c’era, ad aspettarlo, tanta bella gente che voleva salire a bordo, allora Mario, riservato e paziente, è tornato indietro e al Quirinale ha chiesto un pullman, ma nel garage ce ne era solo uno, degli anni 60, e si è dovuto accontentare di quello. Sgangherato, chiamato Italia. Non solo era ridotto male il mezzo, non c’era il carburante ed è pure assai accidentato il percorso che ora è chiamato ad attraversare. E con tutti quegli scalmanati a bordo. Insomma un’impresa difficile, ad altissimo rischio. Certo, altrimenti non avrebbero chiamato lui. Di mezzecalzette, a Roma e dintorni, ce ne sono a iosa. Dai salotti, sobri e infidi, dell’alta finanza ai ruvidi colloqui con la manovalanza del caravanserraglio politico. Non siamo proprio dalle stelle alle stalle, ma ci siamo vicini.

I messaggi a Enrico Letta che poteva tornare, mentre stava tranquillo e sereno a insegnare a Parigi, gli sono arrivati con il fumo, mandati dal Nazareno dove sono attendate, agguerrite e guerreggianti, le varie tribù del Pd che da anni non trovano pace. La prima notizia, a fargli credere di poter stare sereno, è che il suo acerrimo nemico non c’è più nel Pd, ma c’è il sospetto che quelli rimasti non è detto siano meglio. Anzi. Tuttavia il pio Enrico, con spirito missionario, proverà a conciliare gli animi e far tornare un po’ di serenità. Nel tempio c’è, ancora, più di un mercante. Certo lui non mi pare – così d’acchito – di essere un Cristiano Ronaldo, quello dei gol, piuttosto ricorda molto Comunardo Niccolai, quello degli autogol. Ad occhio, credo ne abbia già fatti più d’uno. È vero da Parigi, prudente com’è, si è portato il cacciavite, ma potrà bastare? 

Non meno avventurosa e rischiosa è la missione di Giuseppe Conte. I 5 Stelle non sono solo sparpagliati, smarriti, in piena crisi esistenziale, sono pure evanescenti, pensate che non hanno nemmeno una casa, loro hanno il web, la rete, internet, vivono nel nulla. Una nuvola di enigmi in cui sono finiti parte dei dieci milioni di consensi del 4 marzo 2018. Hanno puntato su Conte perché hanno visto, e ora sanno, che si sa adattare. Non è stato facile con Salvini e Renzi. Se si è saputo barcamenare con loro, lo potrà fare con tutti.  E, poi, è rimasto, indelebile, il ricordo gradevole di una persona umile, quando, per il commiato dal governo e (provvisoriamente) dalla politica, triste e rassegnato, con un banchetto, nella piazza pressoché deserta di palazzo Chigi, ha dato l’arrivederci ai sostenitori, presenti e futuri. Per il dopo Covid, ci sono loro, la troika della salvezza.        

                                Fortunato Vinci - www.lidealiberale.com - Agenzia Stampa Italia

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