Nicola Zingaretti strappa il sipario e vengono fuori le vergogne
Le
parole con le quali Nicola Zingaretti ha annunciato, con un post, le dimissioni
da segretario nazionale del Pd, sono pesantissime, ma hanno il pregio della
verità, amara, triste, malinconica. “Mi vergogno che nel Pd, partito di cui
sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e di primarie, mentre
in Italia sta esplodendo la terza ondata del virus e si dovrebbe discutere di
come sostenere il governo Draghi. Mi ha
colpito il rilancio di attacchi anche di chi in questi due anni ha condiviso
tutte le scelte fondamentali che abbiano compiuto. Non ci si ascolta più e si
fanno le caricature delle posizioni. Visto che il bersaglio sono io, per amore
dell’Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare
la situazione”. Quante volte, in questi anni, abbiamo scritto dei tanti, troppi
politici, mediocri, mezzecalzette, attaccati alle poltrone ed alle mangiatoie.
Il riferimento non è mai stato solo al Pd, il problema, purtroppo, è generale,
nascosto, peraltro maldestramente, sotto il tappeto, ma riguarda tutti i
partiti e ad essi assimilati. Delle questioni specifiche del Pd diremo dopo
intanto c’è da rilevare i disastri, i danni, che provoca la legge elettorale
attualmente in vigore che è una delle cause di questo sconcertante degrado
politico e morale. Le votazioni politiche sono una finzione. Di fatto i
componenti la Camera ed il Senato sono scelti e nominati dai segretari dei
partiti, e non consentono agli elettori di esprimere quella volontà
solennemente imposta dall’art. 1 della Costituzione: “La sovranità appartiene
al popolo”. Questa legge che consente questa procedura elettorale ha
conseguenze devastanti, perché i parlamentari devono tutto ai segretari che li
hanno fatti eleggere, diventano loro adepti, sacerdoti, seguaci. Diligenti e
ubbidienti. Perché quando ci saranno le prossime elezioni sarà sempre lui, il
segretario, a dover fare le valutazioni e preferire chi è stato più deferente e
disciplinato. Da queste incrostazioni nascono pure le transumanze. Ad oggi 147
parlamentari (il 38,8%) hanno cambiato casacca. Lo consente la Costituzione?
Sì, ma i padri costituenti avevano nobilitato l’incarico per dare a tutti i parlamentari
la massima libertà. “Ogni membro del Parlamento - riporta l’art. 67 -
rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Questa
libertà, pensavano, potesse essere utilizzata, solo eccezionalmente, e per
evitare limitazioni e condizionamenti, esattamente l’opposto di quello che fa
l’attuale legge elettorale, e comunque mai si dovesse intendere come libertà di
mercanteggiare poltrone e potere. Un gravissimo vulnus della democrazia. Nel Pd i parlamentari sono stati nominati
tutti da Matteo Renzi, che il 4 marzo 2018, quando ci furono le ultime
elezioni, era il segretario del partito, poi circa 40, tra deputati e senatori,
si sono trasferiti armi e bagagli con lui quando ha lasciato il Pd e ha fondato
Italia viva. Gli altri, sempre fatti eleggere da lui (un particolare di estrema
importanza) sono rimasti nel Pd, molti a fare il cavallo di Troia, non a caso
li chiamano ex renziani. E Nicola
Zingaretti si è preso un partito con tante anime e altrettanto appetiti.
Difficile da poter gestire, anche perché molti già pensavano che non avrebbe
retto fino alle elezioni, o almeno fino al congresso, a novembre, quindi a
formare quelle famose liste elettorali non sarebbe stato sicuramente lui. Il
resto dice quello che diciamo da sempre, e sanno da tempo anche tutti gli italiani:
i politici, salvo rare e lodevoli eccezioni, pensano solo ai propri interessi. Anche
se con quella faccia tosta che si ritrovano, grazie a trasmissioni e
giornalisti compiacenti, possono dire che pensano, sempre e solo, al bene del
Paese.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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