I clamorosi fallimenti che i partiti non vedono e i rischi di violare la Costituzione

 A bocce ferme è opportuno fare qualche considerazione sulle modalità seguite per la soluzione della crisi e la nomina, a capo del governo, di Mario Draghi. La scelta del capo dello Stato di affidare ad un “tecnico” l’incarico di formare il governo (il governo del presidente) è un’ipotesi prevista dalla nostra Costituzione? Un non eletto dai cittadini, e nemmeno indicato da alcun partito, può formare il governo senza violare la Costituzione? L’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, quando pensò di conferire l’incarico di formare il governo a Mario Monti - si ricorderà - prima lo nominò senatore a vita. Evidentemente Napolitano si pose il problema e lo risolse in quel modo. Sergio Mattarella, forse perché aveva tempi più ristretti, non fece altrettanto, tuttavia, pur essendo, una forzatura, pensando a quell’articolo in cui si dice che “la sovranità appartiene al popolo”, non si tratta di una nomina illegittima. Non è illegittima perché la Costituzione non lo vieta, probabilmente perché i nostri costituenti pensavano non fosse un evento da prendere in considerazione, neppure come ipotesi remota. Non c’è alcun dubbio, tuttavia, che le procedure seguite per la soluzione della crisi non siano state sempre limpide e cristalline.  Tanto per fare un esempio, mi è sembrata un’anomalia che Beppe Grillo avesse fatto parte della delegazione dei 5 Stelle, e partecipasse alle consultazioni. A quale titolo? Perché proprietario del simbolo? O perché fondatore del Movimento? Io non l’ho capito e mi è sembrata una stranezza o forzatura istituzionale, chiamiamola così. Ma in tutta questa vicenda c’è un passaggio di estrema importanza che pare dimenticato o comunque sottovalutato. E riguarda il secondo clamoroso fallimento dei partiti. In appena due ani. Ignorato o derubricato a dettaglio. E, invece, è di estrema gravità quello che è successo. La prima dichiarazione di fallimento dei partiti, dell’operato dei partiti, è arrivata con lo straordinario successo del Movimento 5 Stelle, il 4 marzo del 2018. Sono rimasti tutti sorpresi di quei dieci e più milioni di cittadini che hanno votato 5 Stelle. Dal nulla, dalle folcloristiche sceneggiate, tra il sarcastico ed il volgare, di un comico, fino al 32,7% è una cavalcata, un successo straordinario, apparentemente del tutto inspiegabile. E, infatti, molti, nell’opinione pubblica, non sapevano, e non sanno ancor oggi, come interpretare quel risultato. Invece la chiave di lettura c’era, c’è, evidente, amara, semplicissima. Nessuno, tra i dieci milioni che hanno votato, pensava di aver trovato in Di Maio e Di Battista i futuri statisti. Nessuno. Nessuno era così ingenuo e sciocco da pensarlo. Tutti, invece, volevano, con quel voto, dare in giudizio, e una lezione, ai politici che fino ad allora avevano guidato il Paese. Siete stati tutti penosi, disonesti, incapaci, e siamo stati costretti a votare questi improvvisati e sprovveduti signori, senza arte né parte, che però, visto quello che voi avete fatto, saranno meglio di voi, e, comunque, hanno il fantastico vantaggio di non poter far peggio. È stato questo il messaggio, forte e chiaro, di quel clamoroso risultato elettorale. Eppure c’è qualcuno che ancora non lo ha capito. È stato il voto della disperazione, non delle scelte, che peraltro non c’erano. La situazione è tornata, pressoché identica, adesso. Anche in queste settimane ci sono state le scelte della disperazione. Quella lezione del 2018 non è servita a nulla. I partiti hanno continuato a fare quello che facevano prima, con un egoismo e mediocrità sconvolgenti: litigi, poltrone, interessi. Il Presidente Mattarella ha fatto, più o meno, lo stesso ragionamento dei votanti dei 5 Stelle. Ha preso atto ed ha certificato l’incapacità dei partiti, di questa classe politica, fallita ancora una volta, naufragata nell’arroganza e nell’egoismo. Draghi è bravo, non può fare peggio, avrà pensato Mattarella.  E ha cambiato, forzando un po’ la prassi, il nocchiero. Solo lui, purtroppo; l’equipaggio è rimasto pressoché identico, per non dire che forse è peggio. Viste le avvisaglie di questi giorni, con un po’ d’ottimismo, non ci rimane che accendere un cero.   

                      Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

 

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