Cancellare le Regioni, e gli sprechi che comportano, per trovare le risorse e pagare i debiti
Ribadire, in questi
giorni e in queste ore, come faccio da qualche anno, che bisogna assolutamente
abolire le Regioni per salvare il Paese, è come sparare sulla Croce rossa.
Perché proprio in questa terribile emergenza, prima su come arginare la
pandemia e ora su come organizzare le vaccinazioni, credo che tutti abbiano
capito che le Regioni non sono solo inutili sono, soprattutto, dannose. Per il
costo, l’incapacità, la burocrazia, la corruzione. Venti statarelli con venti
disfunzioni, con venti arroganti imperatori, che hanno come esercito gli amici
degli amici. E tanta diffusa incapacità.
Così tanta che si è stati costretti ad accentrare tutto nelle mani dello
Stato e non solo perché lo ha detto la Corte Costituzionale. E pensare che la
sanità avrebbe dovuto essere il loro fiore all’occhiello, non fosse altro che per
le enormi risorse impiegate. Una parte rilevante del bilancio delle Regioni,
infatti, è destinato alla sanità. E, invece, si è visto che proprio nella sanità
hanno mostrato il peggio anche con scandali e inchieste giudiziarie, come è
successo in Lombardia e in Umbria. Dissesti, con conseguenti piani di rientro,
sempre nella gestione sanitaria, hanno interessato Lazio, Abruzzo, Liguria,
Molise, Campania, Sardegna, Sicilia e Calabria. In pratica si è stati capaci di
moltiplicare per venti, le disfunzioni, i costi, le burocrazie dello Stato.
Pensate cosa succederebbe se fossero delegati alle Regioni altri settori e
altre competenze, come richiesto dai referendum che hanno fatto in Veneto e in
Lombardia. Situazione insostenibile mentre i debiti aumentano in maniera
allarmante. Lo scostamento di bilancio di questi giorni significa 32 miliardi
di debiti e un altro scostamento è pronto per altri 20 miliardi; i fondi che
arriveranno dall’Europa, molti, saranno a debito. E non bisogna dimenticare,
tanto per far capire qual è la drammatica situazione generale, che oltre ai
debiti accumulati dallo Stato, debiti piuttosto pesanti li portano in dote i
comuni: 800 sono a rischio bancarotta e poi ci sono le voragini di Roma (12
miliardi) o Catania e le altre città metropolitane, oltre alle Province e le
Regioni. La questione, dunque, è che finita l’emergenza si dovrà subito dopo
pensare a come ridurre i debiti che, nel frattempo, avremo accumulato e
aumentato a dismisura. Già prima le risorse bruciate per gli interessi sul
debito erano superiori ai 65 miliardi annui, con una conseguenza sul Pil del
3,7%. La situazione peggiore di tutti i Paesi dell’Ue. Cosa che impegnerà
seriamente anche l’esperto in finanza Mario Draghi, ora alla guida del governo.
Considerando che è impensabile che si possa aumentare la pressione fiscale, i
cui livelli intollerabili sono dovuti al fatto che mai nessun governo ha voluto
combattere seriamente ciò che aggrava di più i conti pubblici, vale a dire l’evasione
fiscale e la corruzione, due colossali pozzi senza fondo che disperdono e
distruggono immense risorse pubbliche. Solo l’evasione è arrivata a sottrarre
allo Stato, incapace e connivente, 120 miliardi di euro l’anno, più della metà
del Next Generation Eu. E, allora, se non si possono, o non si sa come
aumentare le entrate, bisogna agire sulle spese, cominciando a tagliare quelle
inutili, enormi, pesanti. Cominciando con una “rivoluzione”: la cancellazione
delle Regioni e l’eliminazione di tutto quel che resta delle Province. Ma le
Regioni - immagino sia questa la prima obiezione che è possibile eccepire -
sono previste dalla Costituzione. Certo, ma i padri costituenti l’hanno concepita
e scritta nel 1947 quando andare da Palermo (o Torino) a Roma era un’avventura.
Le comunicazioni difficili. I bisogni tanti, in un Paese che usciva, sconfitto
e distrutto, dalla guerra. I padri costituenti, inoltre, pensavano ad un Paese serio,
guidato, al centro come in periferia, da persone non solo oneste e capaci, ma
anche con il senso dello Stato. Tutta un’altra cosa rispetto a quello che
vediamo, sconcertati e sconsolati, tutti i giorni. Faccendieri e mezzecalzette,
con qualche lodevole eccezione, hanno occupato tutto. “Per salvare l’Italia
dalla bancarotta ci rimane una sola strada: eliminare le Regioni”. Era il
titolo di un mio articolo di più di un anno fa. Ed è, purtroppo, sempre di
attualità. Ora, che la situazione è peggiorata, lo è ancor di più. Le Regioni,
lo abbiamo visto in questi cinquant’anni un’infinità di volte, non servono ai
cittadini, servono solo ai partiti, ai politici, per mantenere centinaia di
posti di potere, per persone, nella stragrande maggioranza dei casi, incapaci e
presuntuose, strapagate, molte volte, purtroppo, anche corrotte. Servono per
far assumere parenti, affini e amanti, portavoce, esperti e consulenti vari. La riforma non è semplicissima - lo so e me ne
rendo conto - trattandosi di una riforma costituzionale, ma si tratterebbe di
modifiche funzionali ed efficaci, per semplificare e organizzare meglio, e con
molte meno spese, le articolazioni istituzionali e amministrative del nostro
Paese. Un passo importante e significativo per ridurre la burocrazia
soffocante. Ecco come potrebbe essere l’art.114, riformato: “La Repubblica è
costituita dai Comuni (minimo 15.000 abitanti) dalle Città metropolitane, dallo
Stato. I Comuni e le Città metropolitane sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”. Non è, come
si potrebbe pensare, una riforma che va verso il centralismo, al contrario, con
le Città metropolitane si darebbero maggiori poteri e competenze ai sindaci che
sono quelli che stanno veramente vicino ai propri concittadini. Si è visto in
questi giorni un sindaco che, con un pulmino, porta gli anziani a farli
vaccinare. Si toglierebbero così anche tutti quegli assurdi, insopportabili, e oggi
del tutto ingiustificati, privilegi alle Regioni autonome, come Friuli Venezia
Giulia, Valle d’Aosta, Trentino - Alto Adige, Sicilia e Sardegna. Tutto questo
enorme spreco di denaro pubblico, di cui i cittadini non hanno avuto finora
alcun beneficio come, in maniera clamorosa e credo incontestabile, si è visto
nelle emergenze, presenti e passate. Le Regioni si fecero – ricordiamolo – per
dare attuazione alla Costituzione, certo, ma anche per gli interessi e le
pressioni del Partito Comunista che non riuscendo ad ottenere, per lo
strapotere della Dc, la maggioranza nelle elezioni politiche nazionali, puntò
tutto sulle Regioni. Sapendo di poter ottenere il governo in alcune zone del
Paese, tradizionalmente di sinistra, le Regioni cosiddette rosse, come Toscana,
Emilia Romagna e Umbria, com’è poi avvenuto. Ma ora i tempi sono cambiati, e la
crisi che coinvolge il nostro Paese non ci consente alternative. Ora non è solo
ingiusto, è anche amorale chiedere sacrifici a tutti e poi dilapidare miliardi,
con irresponsabile disinvoltura, per mantenere strutture burocratiche inutili e
dannose, sacche di sproporzionato potere politico senza controlli, quali sono le
Regioni. Non ci possiamo permettere più che a Bruxelles ci siano, attive e
costosissime, 20 “ambasciate” italiane, quelle di tutte le Regioni italiane. O
facciamo questa riforma o rischiamo di annegare tra i debiti, o morire
strozzati dalle imposte. Noi, i nostri figli e nipoti.
Fortunato Vinci –
www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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