La forza di Draghi, la debolezza di Salvini

 

Quando è arrivato Mario Draghi ho immaginato, e ho scritto un articolo a proposito, uno spartiacque tra il prima e il dopo, ma sono in molti che ancora non hanno capito le differenze e cosa sia veramente successo. La prima cosa - e si badi bene non si tratta affatto di un dettaglio - è che Mario Draghi non è un politico, nel senso che non è stato eletto e, quindi, non deve dare conto ai suoi elettori e a chi potrebbe eventualmente dargli, in futuro, il sostegno elettorale. Questa fatto, che può sembrare un paradosso, gli conferisce una forza straordinaria, con un ampio mandato che gli consente di agire di conseguenza. I suoi interlocutori sono gli italiani, intesi come popolo, e non come singole categorie più o meno potenti. Può dover rendere conto, semmai, solo al presidente Sergio Mattarella, che lo ha scelto e mandato a fare il “commissario ad acta” di una politica fatta di incapaci e inconcludenti, pure litigiosi. È vero che Mario Draghi, per tutte le decisioni che prende ha bisogno, sempre e comunque, del sostegno politico, nel Consiglio dei Ministri e nel Parlamento, ma la sua forza è che non gli importa nulla. Perché in qualsiasi momento è in grado di dire, e senza indugi e tentennamenti: stavo benissimo a Città della Pieve, a godermi la meritata pensione, mi avete chiamato perché non riuscivate a fare nulla ed ora dovete fare come dico io. Se non vi sta bene, basta dirlo, me ne posso tornare subito in Umbria. Sappiate, però, che l’Unione Europea non è felice di darvi i soldi del piano Next Generation Eu e con me i 209 miliardi promessi hanno molte più possibilità di arrivare e di essere spesi per investimenti come vuole e pretende l’Europa. In questa situazione, peraltro chiarissima, si inseriscono i politici seri e responsabili che hanno capito tutto e si sono adeguati al contesto e poi ci sono quelli che non si sono accorti di quello che è successo e continuano come nulla fosse. Non sanno che Mario Draghi è quello che disse, quando era presidente della Bce, “whatever it takes” che vuol dire “costi quel che costi” o ancora, meglio, “tutto ciò che è necessario”. E, quindi, con il dovuto aggiornamento: se è necessario chiudere, si chiude. Ed infatti è stato costretto a ripeterlo qualche giorno fa quando Matteo Salvini, in perenne campagna elettore, disse che era “impensabile chiudere l’Italia ad aprile” e Draghi, di rimando, “se è pensabile o meno lo dicono i dati”. Una replica netta e chiara per ribadire, per l’ennesima volta, che tutte le decisioni, certamente pesanti e dolorose, che vengono prese, settimana dopo settimana, dipendono solo dall’andamento dell’epidemia e dalle vaccinazioni. Ormai è intollerabile, quasi quanto il lockdown, questo continuo tiro e molla, come se da una parte ci fossero ottusi dittatori, Draghi, Speranza, Conte, o i medici che suggeriscono le chiusure, e di là, illuminato e responsabile, Matteo Salvini, o altri con lo stesso, insopportabile atteggiamento, protettori delle varie categorie danneggiate dalle restrizioni. Un altro scacco matto a Salvini, Mario Draghi lo ha fatto sul condono delle cartelle esattoriali. Gli ha messo robusti paletti a quello che prometteva e pretendeva il leder della Lega, perché cancellare le cartelle fino a 5.000 euro, che giacciono da più di dieci anni (dal 2000 fino al 2010) e non a tutti, ma solo a coloro che hanno un reddito imponibile non superiore ai 30mila euro l’anno, è un condono con il sapore aspro della beffa, perché si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, di debiti prescritti, quindi già cancellati dal tempo, più che da Salvini. Solo ora, che non conta più nulla o, comunque, molto poco, il segretario della Lega sta cominciando a capire, forse, quanto sia stato grave quella clamoroso, ancorché incomprensibile, decisione che prese a metà agosto del 2019, provocando la crisi del governo con i 5 Stelle, in cui era ministro e vicepresidente del consiglio e, come aggiunta, aveva uno straordinario potere sia su Conte che sui 5 Stelle. Un suicidio politico imperdonabile di cui le conseguenze gravissime, per lui e la Lega, si vedono anche in questi episodi.

                       Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia     

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