La quarantena, un grosso, insidioso ostacolo sulla conclusione dei campionati di A e B


 In attesa di sapere se la forza virale del Convid-19 si sia o meno attenuata - uno dei tanti argomenti che in questi giorni alimentano serrati e sconcertanti confronti tra virologi - i campionati di calcio, serie A e B, riprendono, con un calcio al virus e uno al pallone, il 20 giugno, così com’è stato deciso. E le partite relative alla fase finale della Coppa Italia, si potrebbero disputare addirittura anche prima, il 13 (Juventus-Milan) e il 14 (Napoli-Inter) e la finale il 17, a Roma. E’ la scelta giusta? In questo momento non lo sa e non lo può dire nessuno, lo sapremo tra un mese. Però era una decisione che andava comunque presa, seppure con tutte le riserve imposte dalla situazione ancora incerta per i contagi che, seppure diminuiti, avvengono ancora in numero non del tutto tranquillizzante. Tanto che anche l’ultimo decreto del governo impone il distanziamento fisico e le mascherine. A seconda delle situazioni: 1 metro al ristorante, 1 metro e mezzo al mare tra le sdraio e i lettini, un metro, e con le mascherine, nei mezzi di trasporto pubblico. In questa situazione c’è da considerare la particolarità dei calciatori che mentre giocano non possono tenere né la distanza di sicurezza né i dispositivi di protezione. Suppongo sia stata prevista una specifica deroga, altrimenti non sarebbe una partita di calcio, ma una banale, ingannevole simulazione.
Intorno al calcio professionistico vivono circa 300 mila persone e fatta eccezione per la stragrande maggioranza dei calciatori di serie A, e di alcune decine di allenatori, che dal punto di vista finanziario si possono permettere tutti i lussi, tutti gli altri, senza il lavoro che dà loro il calcio, non possono vivere. C’è pure da pensare che molte società sportive, già con bilanci tendenti al rosso, senza gli introiti delle tv, degli spettatori e degli sponsor, rischiano il fallimento. “Persi finora 500 milioni di euro” ha detto, allarmato, il presidente della Figc Gabriele Gravina e ha aggiunto “se non si riparte subito il danno sarà irreparabile per il calcio italiano”. Dunque si riparte. Quello che voleva più di tutti la ripresa dei campionati, oltre a Gravina e Del Pino, era sicuramente - il contrario di quello che si è pensato e si è voluto far credere -  Vincenzo Spadafora, il ministro dello Sport, non foss’altro che per uscire da un incubo, dopo mesi di assurde pressioni e insulti idioti e strumentali. Tuttavia non mancano dubbi e incertezze. Dalle perplessità di alcuni presidenti di società (Torino, Udinese, Milan) alle riserve per le “criticità da superare“ denunciate da Damiano Tommasi, presidente dell’Aic, l’Associazione calciatori. Il quale si riferisce, in particolare, alla clausola più insidiosa, nelle già rigide prescrizioni contenute nel protocollo firmato tra la Figc e il Comitato tecnico scientifico, e riguarda la quarantena, la sospensione, per due settimane, della squadra nel caso si dovesse scoprire un contagiato. Vista la facilità (e l’incertezza) con cui si trasmettono i contagi, mi pare un grosso ostacolo, assai pericoloso, posto sulla strada che porta alla conclusione dei campionati. Per questo, molto opportunamente, sono stati ipotizzati, dalla Figc e la Lega, i piani B e C. La prima alternativa sarebbe la disputa dei playoff e la seconda quella della “cristallizzazione della classifica”. Non capisco, però, come sia possibile fare i playoff in presenza di qualche contagiato, quindi il piano alternativo, in pratica, è uno solo: la chiusura definitiva dei campionati il 9 marzo, giorno della sospensione per la pandemia. A questo proposito, al fine di evitare eventuali contenziosi (a chi poi non si capisce) il governo, nell’ultimo decreto, ha ritenuto necessario inserire che “a causa dell’emergenza Covid-19 le federazioni, anche in deroga all’ordinamento sportivo, possono definire la composizione dei campionati del 2020-’21”. Ciò vuol dire che se la situazione dovesse rimanere ancora critica e pericolosa, e il gioco non dovesse riprendere, si possono ritenere conclusi i campionati, di tutte le categorie, il 9 marzo. La serie A è stata fermata alla 26 esima giornata (-12 dalla conclusione più 4 partite da recuperare), la B alla 28 esima (-10), la C, in ordine sparso, i gironi A e B a 27 gare (-11) e il girone C alla 30 esima giornata (-8). Significa che lo scudetto verrebbe assegnato alla Juventus. In Champions, come da classifica, oltre alla Juventus, andrebbero Lazio, Inter e Atalanta; in Europa League Roma e Napoli. Retrocesse in serie B Brescia, Spal e Lecce. Per quanto riguarda la serie B, usando lo stesso criterio, in A andrebbe il Benevento e il Crotone e poi, non essendo possibile fare i playoff come da regolamento, il Frosinone. Retrocesse in serie C Livorno, Cosenza e Trapani, e anche in questo caso, non giocando le partite dei playout tra Cremonese e Venezia, la Cremonese che in classifica è quart’ultima.  In C, infine, in attesa delle decisioni definite, dovrebbero essere promosse le prime squadre dei rispettivi gironi: Monza, Vicenza e Reggina e la migliore tra le seconde (Bari, Carrarese e Reggio Audace) che è il Bari, la squadra meglio classificata. Tutti d’accordo? No, quasi nessuno, ma chi glielo dice al Covid -19 che ha fatto arrabbiare tutti, pure i tifosi?  

Fortunato Vinci  

©Riproduzione riservata


Commenti