Con il crollo della Borsa i “gioielli” di Piazza Affari a prezzo di saldo


In attesa, tra qualche settimana, dei saldi di fine stagione nei negozi di abbigliamento, c’è stato, intanto, con l’arrivo devastante dell’infezione con il Covid-19, quello dei titoli azionari in Borsa. Ormai un po’ tutti a prezzi di saldo. Già il 25 febbraio scorso, avevo scritto un articolo (“Chiudono tutto, meno la Borsa. Pesanti le perdite. Incomprensibile”) chiedendo se non fosse il caso, a seguito della crisi provocata da questa terribile infezione, di chiudere, come si era già deciso di fare per alcuni esercizi commerciali, anche la Borsa di Milano. In fondo anche questo è un mercato. E che mercato.  Scusate la citazione, cosa in verità sempre assai sgradevole, ma è importante per capire i tempi e l’ostinazione del tutto incomprensibile (o meglio assai comprensibile) di non chiudere la Borsa. Con la stagnazione già pesante e l’aggiunta dell’infezione virale, senza, peraltro, intravedere una via d’uscita, almeno in tempi brevi e ragionevoli, era facile prevedere, quasi scontato, un sensibile calo della domanda e quindi del valore dei titoli. Cosa che puntualmente è avvenuta e che continua, seppure alternata con qualche incoraggiante recupero. Da quel 25 febbraio quante volte i giornali ed i telegiornali hanno aperto con “Borsa a picco”? Il Mef (Ministero dell’Economia e delle finanze) e la Consob hanno risposto che la Borsa non si doveva chiudere perché è un “servizio essenziale”, ma che comunque sarà sempre “monitorata”. Si può essere d’accordo di considerare la Borsa un servizio essenziale, ma proprio per questo deve tenere conto delle situazioni in cui opera. E degli enormi interessi che ad essa sono collegati. In questo periodo, non vi è alcun dubbio, le condizioni sono difficili e di estrema emergenza. E non basta solo monitorarla. Se per la situazione straordinaria che si è venuta a creare, l’incertezza, l’ansia, la paura, condizionano pesantemente la domanda, si può fare poco, il valore dei titoli, nella stragrande maggioranza dei casi, è destinato fatalmente a diminuire. La Consob può, come ha già fatto, vietare le vendite allo scoperto, oppure sospendere la quotazione di un titolo per eccesso di rialzo o di ribasso, o utilizzare altri strumenti, per cercare di tenere sotto controllo, nei limiti del possibile, le quotazioni, ma niente di più. In mezzo a queste tempeste finanziarie, sguazzano felici e contenti gli speculatori; ma pensate ai cassettisti. Sono chiamati così coloro che invece di tenere il denaro contante sul conto corrente, e pagare pure la Banca, acquistano i titoli azionari non per speculare (nel senso peggiore del termine) ma come (rischiosa) forma di investimento. E ora, guardando nel loro cassetto, vedono, smarriti, che una buona parte di quel sofferto tesoretto si è in pochi giorni volatilizzato. Non perché abbiano sbagliato l’investimento, solo perché la paura e l’emergenza portano a queste conseguenze. Devo anche aggiungere, per chiarire e precisare, che i ribassi del prezzo delle azioni portano spesso i giornalisti a sintetizzare la notizia con titoli di questo genere “bruciati in Borsa x miliardi”. In realtà non si è bruciato nulla. Si tratta di perdite virtuali, perché finché i titoli non si vendono, ad un prezzo più basso rispetto a quello pagato per l’acquisto, la perdita, di fatto, è solo potenziale. Anche perché, il valore dei titoli azionari, che dipende, come abbiamo visto, dalle oscillazioni provocate dal mercato, può diminuire ma può pure (ed è quello che sperano i risparmiatori ed è anche il motivo che li ha spinti a comprare le azioni) aumentare, con un guadagno sul prezzo di acquisto (capital game). Rimane il fatto che in questo momento, dopo tante sedute negative, i titoli di società importanti e strategiche ora sono a prezzo di saldo, facili prede degli squali del mondo, pronti ad approfittarne. E una situazione così delicata ha preoccupato il governo e indotto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte a dichirare al Corriere della Sera. “Non consentiremo a nessuno di approfittare di un momento di debolezza del nostro Paese”. L’intenzione è anche quella di modificare la legislazione attuale, in termini di golden power, il potere che ha (si riserva) lo Stato di bloccare alcuni investimenti esteri se vanno ad attaccare asset industriali o aziendali del Paese considerati strategici.                              

 Fortunato Vinci  

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