Con il record negativo di affluenza alle urne, democrazia zoppa. Pesante sconfitta della politica
“Sindaci,
incubo affluenza”, “Sindaci, timori per l’affluenza”. Sono due dei titoli dei
giornali alla vigilia delle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre. E in
effetti, con il 54,69 %, c’è stato il record negativo di assenti, nella
precedente tornata elettorale, di cinque anni fa, aveva votato il 61,14 % degli
aventi diritto. Ma i termini usati dai giornali “incubo” e “timori” sono del
tutto impropri, oltre che superflui, per la semplice ragione che nessuno ha
avuto né un incubo né alcun timore. Di che cosa, poi? I sindaci, come se nulla
fosse, avranno il loro posto, regolarmente, così come i consiglieri comunali
eletti. Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, avrà il suo
scranno, così come i consiglieri regionali. E tutto continuerà come prima. Non
importa nulla a nessuno. Sì, certo, qualcuno dei politici mezzecalzette, che fa
parte della compagnia di giro che affolla i talk show, dirà qualcosa oggi,
massimo domani, e poi, scenderà, inesorabile, come sempre, l’oblio. Fino alle
prossime elezioni. E, invece, la fuga dalle urne, in maniera così massiccia, è fenomeno
di una gravità inaudita. È segno di grave malessere, vulnus per la democrazia.
La sconfitta della politica delle mezzecalzette. Che vittoria ci può essere se
più della metà degli elettori non è andato a votare? Ma perché gli elettori disdegnano le urne?
Qualcuno lo avrà fatto per pigrizia, disinteresse, superficialità. Ci sarà stato
anche chi non c’è andato perché impossibilitato per ragioni diverse, ma la
stragrande maggioranza non c’è andata perché delusa, scoraggiata, oltraggiata
nella dignità di cittadini da una classe politica incapace e inconcludente e
dai candidati, molto spesso, impresentabili o, addirittura, imbarazzanti. E,
allora, che fare? Bisogna costringere i politici ad interessarsi di più dei
cittadini, e non solo ogni cinque anni. E pretendere che i candidati siano qualificati,
presentabili, non solo perché hanno il certificato penale senza macchie, ma anche
che abbiano le capacità necessarie per svolgere il compito assegnato con
serietà, competenza e rettitudine. Per ottenere questo c’è un solo modo,
efficace e convincente. Toccare, penalizzare, gli interessi del
caravanserraglio politico. Ridurre i seggi delle assemblee, tenendo conto, in
proporzione, della partecipazione al voto. D’altronde, chi non ha votato non
può avere il proprio rappresentante in consiglio come se avesse votato. È una
attribuzione arbitraria. Così, a Milano per tutti i votanti ci sono 48 seggi da
assegnare, con i votanti al 47,6 %, i seggi dovrebbero ridursi a 23. A Napoli i
seggi in Comune sono 40, poiché i votanti sono stati il 47,19 %, i seggi si
ridurrebbero a 19. Pure a Torino, con il 48,06% di partecipazione al voto,
verrebbero eletti solo 20 consiglieri comunali, invece di 40. In questo modo si
otterrebbero, almeno due risultati importanti e assai significativi: il rispetto
di chi non è andato a votare, che deve essere inteso, anche quello, come
l’espressione di una volontà: la totale sfiducia nei candidati, non meritevoli
del voto, e, quindi, deve contare, e avere pari dignità, come quello di chi è
andato a votare. Riducendo i seggi, inoltre, ci sarebbe, come immediata
conseguenza, il contenimento dei costi di Comuni, Regioni e Stato (Parlamento)
riducendo centinaia di posti per i politici, che provocano, con oneri pesantissimi,
solo una montagna di debiti che non sappiamo più come pagare.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
L’ auspicata riduzione dei seggi proporzionale ai votanti è auspicabile ma altrettanto impossibile per la sua applicazione/attuazione. I risulti elettorali evidenziano il degrado delle competenze e dell’affidabilita’ che la politica ha evidenziato in quest’ultimo periodo.
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