A caccia degli intimi per votare, al ballottaggio, il sindaco di Roma
È
caccia ai pochi intimi, disposti a votare, al ballottaggio, il sindaco di Roma,
domenica 16 e lunedì 17. Il primo dato importante, emerso nel primo turno, di
cui si sono subito dimenticati tutti, è stata la sconfitta della politica. Del
fatto che la maggioranza degli aventi diritto, cioè il 51,17 % sia rimasto a
casa, si sia rifiutato di andare a votare quelli che ha ritenuto impresentabili,
non meritevoli del voto e della fiducia. Era stata la cosa più importante e la
più grave e, invece, non ne hanno parlato. La compagnia di giro, che occupa stabilmente
gli studi dei talk show, non ha
ritenuto opportuno dire che la democrazia ne esce zoppa, che c’è da dividersi
la sconfitta più che la vittoria. Niente, non importa a nessuno. Una vergogna.
Almeno per un giorno, o due, dite che è un vulnus
alla democrazia, che vi sentite in colpa se la maggioranza degli elettori (cosa
che peraltro è successo in tutta Italia) rinuncia al suo diritto di votare. Al
contrario, tutti si sono detti contenti e soddisfatti del risultato (pensavano
peggio?) il centrodestra con Enrico Michetti che ha preso il 30,15%, ma in
realtà si tratta solo del 14,7%, il centrosinistra con Roberto Gualtieri, che dal
27,03 % passa ad un più corretto 13,19 %, il buonuomo solitario, leader del suo
partito, “Azione”, Carlo Calenda, con il 19,82% che diventa un 9,67 % reale e
il M5S, con il sindaco uscente, Virginia Raggi, con un 19,08% che corrisponde
ad un modesto 9,31%. Ora si potrà scegliere tra Michetti e Gualtieri. A fare
questa sconvolgente scelta, ci andrà una sparuta missionaria minoranza, gli
intimi. Ma ai politici non importa,
tanto il sindaco verrà eletto lo stesso. E, allora, è partita una corsa piuttosto
sgradevole, tra miserabili schermaglie polemiche, per convincere chi, al primo
turno ha votato Calenda o Raggi, che possa fare la differenza, anche se il
ballottaggio è una corsa diversa. In tv, i conduttori, ossessionati dallo scoop,
hanno insistito nel chiedere indicazioni di voto sia a Calenda che a Raggi.
Come se gli elettori fossero un gregge e il pastore può condurlo dove vuole. Calenda
ha detto che voterà Gualtieri, ma ha voluto precisare che non lo fa, manco
fosse il Papa, urbi et orbi. Non
voglio nemmeno immaginare quello che sarebbe successo se l’astro (ri)nascente della
politica lo avesse fatto urbi et orbi.
La Raggi ha preso il caffè con entrambi i candidati e così non si è espressa,
almeno finora, e ha fatto bene, anche perché gli elettori hanno un minimo di
capacità per sbagliare da soli, senza il bisogno delle indicazioni degli altri.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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