Il dopo elezioni con le fibrillazioni e gli enigmi impertinenti

 

Pensavo che almeno per un giorno - uno solo - qualche politico avesse ammesso, come avrebbe dovuto per un minimo di onestà intellettuale, che le vittorie, appena conquistate nelle amministrative, hanno dei vizi dovuti al fatto che la maggioranza degli elettori era stata indotta, per la modestia dell’offerta politica, a rimanere a casa. È stato un fenomeno gravissimo, non un banale dettaglio. In democrazia vince chi ottiene la maggioranza, calcolata, s’intende, sugli aventi diritto al voto. Se però questa partecipazione non c’è, perché le candidature sono impresentabili o addirittura imbarazzanti, così tanto da indurre la maggioranza ad astenersi dal voto, ne va di mezzo la democrazia. E la vittoria, non c’è alcun dubbio, è pesantemente viziata dall’assenza della maggioranza degli elettori. Infatti in tutte le assemblee, comprese Camera e Senato, per la validità è necessaria la partecipazione della metà più uno. Capisco le difficoltà per estendere anche alle elezioni politiche e amministrative quello che la Costituzione, all’art. 75, prevede per la validità del referendum: “La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi”.  Ma far finta di niente e vantarsi di aver vinto, con una forma di democrazia zoppa, è l’ennesimo comportamento indecente delle mezzecalzette. Le quali mezzecalzette non contente dello spettacolo offerto, come gli accaniti giocatori di poker che non accettano le sconfitte e pensano di rifarsi alzando la posta, ecco Matteo Salvini, il quale cade ancora una volta dal pero e scopre, come fosse un qualsiasi passante dalle parti di palazzo Chigi, che il governo sta per definire le riforme sul catasto e sul fisco. E non è d’accordo perché così aumenteranno i tributi.  E, allora, non fa partecipare i ministri della Lega alla riunione e provoca fibrillazione inattese sul governo. Non avendo altre chances, Salvini punta tutto sulle tasse, difendendo a modo suo, cioè a parole, i contribuenti, sperando così di poterli indurre a votare per i candidati del centrodestra, nel ballottaggio che ci sarà il 16 e 17 ottobre.  L’assenza dal consiglio dei Ministri dei rappresentanti della Lega ha irritato, più che sorpreso, il presidente Mario Draghi il quale ha ribadito che “nessuno pagherà di più o di meno”. Un mistero. Come sia possibile che nessuno paghi di più e nemmeno di meno non si capisce proprio. Allora che si fa a fare? Si tratta, ha spiegato Draghi di “un’operazione di trasparenza” che richiederà “5 anni” e che “il contribuente medio non si accorgerà di nulla”. Almeno fino al 2026, poi chissà. Ma Salvini ribatte che “negli accordi (immagino di governo, ndr) non c’era il catasto”. Ma questi lillipuziani della politica gli accordi di governo come e dove li fanno? Non scrivono nulla? Solo a voce, sorseggiando un caffè e parlando di calcio? Che pena.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com- Agenzia Stampa Italia

Commenti