Piero Braglia al capezzale del Perugia, degente al pronto soccorso

 

La cartella clinica è sconfortante, è inutile negarlo. Il Perugia, guardando la classifica, è penultimo, ma solo perché c’è sotto, per una pesante penalizzazione, il Rimini, senza la quale i romagnoli avrebbero sette punti, con due vittorie e un pareggio, a differenza dei grifoni che di punti, dopo sette partite, ne hanno solo tre: l’amaro bottino di tre pareggi, prima dell’abisso rappresentato da quattro sconfitte di fila. Un disastro. Forse mai successo. Provo a dare una spiegazione. Il direttore dell’area tecnica, Mauro Meluso, dopo aver chiesto scusa ai tifosi ha detto di essere l’unico responsabile della campagna acquisti e ha parlato di mancanza di brillantezza nella manovra, e di paura. Torneremo tra poco. Presi singolarmente, i giocatori non sono fenomeni, ma non mi sembrano peggio degli avversari, almeno di quelli che abbiamo visto finora. La cosa che manca, completamente, è il gioco: sono undici “fantasmi”, come ho scritto nell’ultimo articolo, nel senso che mancano come gruppo, vagano, smarriti, per il campo e, senza schemi di gioco, sembrano, appunto, fantasmi. Non solo, tutto quello che fanno lo fanno con una lentezza esasperante o, come dice, Meluso, con poca brillantezza. Questo porta a soffrire, sia nell’uno contro uno, sia come squadra, così i grifoni subiscono contro qualsiasi avversario che abbia maggiore velocità e più freschezza atletica, a prescindere dalla bravura dei singoli. Se sei bravo ma arrivi dopo, la palla ce l’ha sempre l’avversario. È un’ovvietà disarmante. Questa lentezza è dovuta pure al fatto che c’è paura di sbagliare e allora i calciatori sono indotti a fare gesti semplici, che consentono loro di commettere meno errori, significa passare la palla al compagno vicino o, addirittura, indietro, ma questi sono movimenti banali, scontati, inutili. Mai visto saltare il centrocampo con lanci lunghi per le punte a sorprendere l’avversario in velocità. Sabato scorso, nell’ultima partita, al “Curi” contro la Pianese, i grifoni arrivavano nella metà campo degli avversari dopo una ragnatela estenuante di passaggi, quando ormai i calciatori di Brindelli avevano chiuso, peraltro senza alcuna difficoltà, ogni varco, così che i grifoni si sono trovati davanti sempre un muro, che, per ovvie ragioni, non sono stati mai in grado di superare. Se si aggiunge che, prima per le due punte e, poi, nel secondo tempo, con l’ingresso di Matos, per il tridente, non ci sono state munizioni, si è avuta, piuttosto evidente, la sensazione di preoccupante impotenza offensiva. Sabato scorso, l’unico modo di segnare, poteva essere quello di mettere Kanoute nel vivo dell’area dei bianconeri, sperando in un fallo, con conseguente calcio di rigore, per fermare il solito dribbling, insistito, del giocatore. Kanoute, invece, in area non è mai entrato e le punizioni conquistate non sono servite a nulla. Ora si spera che Piero Braglia, che è bravo ed esperto, sia in grado di trovare rapidamente, già da domenica a Carpi, la terapia giusta ad una squadra che non mi pare da ultimo posto in classifica, seppure certamente debilitata dalle ristrettezze di un calcio mercato all’insegna della moderazione e del risparmio.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

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