La "libertà" alla Rai di dire quello che vuole il padrone politico la chiamano servizio pubblico e libertà di stampa, a carico dei contribuenti
Il governo di Giorgia
Meloni, con la questione dello spoil
system, che significa che gli alti dirigenti della pubblica amministrazione
cambiano con il cambiare del governo, sta posizionando, i suoi “pezzi” sulla
scacchiera italiana. Intendiamoci: è sempre successo, nulla di nuovo e di
diverso, ciò non toglie che sia scandaloso lo stesso. È scandaloso perché, a
volte, per fortuna non sempre, l’appartenenza, o, peggio, l’obbedienza, docile
e remissiva, ad un partito della coalizione di maggioranza fa aggio sulle
capacità dell’alto dirigente. La questione è che gli interessi da tutelare sono
- e proprio a certi livelli - quelli
generali, della comunità e del Paese, non dei singoli politici, per giunta,
spesso, mezzecalzette. Ora, in questo penoso fervore desolante di occupazioni,
è fatalmente coinvolta anche la Rai, bottino di guerra per antonomasia. E, in questo
caso, come si capisce facilmente, la cosa è - se possibile - più grave. È più grave perché la Rai dovrebbe
svolgere un servizio pubblico, ciò vuol dire trasmettere, diffondere
un’informazione non dico con la massima obiettività, che è, ovviamente, impossibile,
ma almeno con la massima libertà. Per questo, peraltro, ci fanno pagare, oltre
a tutto il resto, anche il canone. Ma se c’è tutto questo interesse, dei politici
e dei partiti, a occupare la Rai, con propri uomini e donne, significa che da
lì, dal cosiddetto servizio pubblico, si può condizionare, più o meno
pesantemente, a seconda delle situazioni, l’opinione pubblica. E condizionare
pesantemente l’opinione pubblica, secondo i voleri, gli interessi e i capricci dei
politici, è esattamente l’opposto di quello che deve fare un servizio pubblico,
ed è, anche, esattamente, l’opposto della libertà di stampa. Se non fosse in
sonno, sarebbe interessante sapere che ne pensa l’Ordine dei Giornalisti.
Certamente la questione andrebbe anche rivista alla luce dei lauti
finanziamenti e i criteri con i quali vengono elargite somme enormi, molti
milioni di euro l’anno, per “sostenere - come dice la legge - l’attività
editoriale di quotidiani e periodici, in osservanza del principio del
pluralismo dell’informazione, con particolare riguardo alle voci informative
radicate nelle realtà locali” e questi contributi (nel 2021 più di 30 milioni
di euro) vanno, andrebbero dati, solo a patto che “esercitino unicamente
un’attività informativa autonoma e indipendente di carattere generale”. Visto i
beneficiari, faziosi e di parte, ci sono molti, e fortissimi, dubbi che queste
risorse siano bene spese, e i destinatari siano quelli giusti, nello lo spirito
della legge.
Fortunato
Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia
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