Il silenzio codardo e omertoso davanti alla certezza del crollo del ponte, con la tragedia e le vittime
La notizia, terribile e
scioccante, la sappiamo tutti. Gianni Mion, ex amministratore delegato di
Edizione, la holding dei Benetton che all’epoca della tragedia del crollo del
ponte di Genova, con 43 morti, controllava Autostrade per l’Italia, ai
magistrati che stanno facendo il processo, ha detto: “Emerse che il ponte aveva
un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci
fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo (allora direttore
generale di Aspi ndr) mi rispose “ce
lo autocertifichiamo”. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico”.
Significa che otto anni prima del disastro, in una riunione, appunto del 2020,
in cui c’era anche Gilberto Benetton, emerse il difetto del ponte e il rischio
del crollo. Come sia stato possibile che tutte queste persone, che erano a
conoscenza che da un momento all’altro il ponte sarebbe potuto cadere uccidendo
decine di automobilisti, non abbiano fatto nulla? Sembra incredibile, ma è
successo proprio questo. Sarebbe stato meglio, molto meglio, che questo signor
Mion, che è lì al processo come semplice testimone e non è nemmeno indagato, si
fosse portato nella tomba questa sconvolgente notizia. Avrebbe evitato un altro,
insopportabile dolore ai familiari delle vittime. Perché ora tutti noi, smarriti,
sconcertati, sconvolti sappiamo che ci possono essere - e ci sono - persone che
sono in grado di vivere otto lunghissimi anni sapendo che da un momento all’altro
ci può essere, e prima o poi ci sarà certamente, una tragedia in cui moriranno decine
di innocenti, e pur sapendo che di questa tragedia sono complici, non fanno
niente per evitarla. È normale vedere che in questa squallida combriccola
omertosa, nessuno ha avuto un sussulto di dignità e di rispetto verso gli altri,
e per soldi, i maledettissimi soldi, non abbia mai avuto il coraggio di dare
l’allarme? Come abbiano potuto vivere? Come abbiano fatto a non pensare, in
ogni istante della loro vita, a quei poveri, sfortunati automobilisti e al dolore
e al dramma che avrebbero provocato? Fossi stato io il Pubblico ministero avrei
voluto domandare a tutti costoro, prima di chiedere, per loro, ai giudici, il
massimo della pena, proprio questo: come avete fatto a vivere otto anni sapendo
dell’imminente tragedia? Così, tanto per sapere fin dove può arrivare l’egoismo,
l’empietà e l’efferatezza degli uomini.
Fortunato
Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia
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