Tutti zitti, nel Paese dei soprusi
Non so cosa succeda negli
altri Paesi, ma qui da noi, siamo arrivati ad un punto in cui i soprusi, le
prepotenze, le vessazioni, le ingiustizie sono all’ordine del giorno. E sono
ormai diventati molti e intollerabili.
Eppure tutti stanno zitti, un silenzio molto sospetto, perché tutto avviene
alla luce del sole, e le cosiddette autorità che avrebbero come compito
principale quello di prevenirli e contrastarli e poi eventualmente reprimerli, non
fanno nulla, sempre in letargo e del tutto inutili. Responsabili sono,
soprattutto, quelle società che offrono servizi. È inutile indicarle, sappiamo
tutti, quante e quali sono. Hanno milioni di clienti, fanno stipulare un
contratto in un attimo, online, basta un click e diventa tutto regolare. Poi,
se qualcosa non va, come il malfunzionamento o l’addebito, all’insaputa, di
servizi aggiuntivi, comincia l’avventura. Non hanno mai un referente o un
interlocutore, queste società. C’è sempre e solo un numero di telefono, al
quale risponde, dopo averlo fatto un’infinità di volte, un tale, dall’italiano incerto
e stentato, da un call center che si trova in Albania. Ma come, spendiamo
miliardi di euro per cercare di trovare qualche posto ai nostri giovani
disoccupati e poi permettiamo che queste società, che guadagnano milioni di
euro con i clienti italiani, non siano disposti a pagare, non dico le imposte,
ma nemmeno quelle miserie che danno ai ragazzi dei call center in Italia e li
vanno a trovare in Albania per pagare ancora meno? È concepibile una cosa del
genere? Vorrei sapere come faccia, questa pratica indecente e vergognosa, a non
scandalizzare nessuno. Nemmeno il ministro dello Sviluppo economico, quello
dell’Economia, quello delle Politiche giovanili e tutto il resto del cucuzzaro
di palazzo Chigi? Se, poi, si ha l’infelice idea (prima o poi capita,
fatalmente) di voler disdire il contratto, si rischia l’esaurimento nervoso.
Mentre la stipula avviene subito e online, la disdetta deve essere fatta su un apposito
modulo, che si trova sul sito e che bisogna stampare, da inviare per lettera
raccomandata con ricevuta di ritorno (6,5 euro). A chi? Non c’è un
destinatario, c’è la casella postale! E se, poi, per risparmiare qualche euro,
si ha avuto l’infelice idea di dare il numero della carta di credito per
l’addebito sul conto corrente, l’impresa diventa titanica, perché il prelievo
continua anche se si è fatta la disdetta del contratto e non si riceve più il
servizio. Tanto, possono fare quello che vogliono. Chissà perché.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia
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