Le vittorie di Paolo Rossi, campione anche di sentimenti
In queste ora in cui
tutte le tv ripropongono in continuazione i fotogrammi, gonfi d'emozioni, ingialliti dal tempo
come libri preziosi, per ricordare le gesta di Paolo Rossi, eroe sublime in
quella straordinaria e indimenticabile cavalcata che portò, nel 1982, alla
conquista per l’Italia della Coppa del Mondo, dispiace che l’anno nel Perugia
di Paolo venga ricordato solo come quello del totoscommesse e della squalifica.
Certo, quel contatto subdolo, con alcuni lestofanti, in hotel alla vigilia
della gara Avellino-Perugia, ci fu, come ha sempre ammesso lo stesso Paolo, ma
si trattò più che di un accordo per un illecito (un pareggio 2-2, poi successo)
con la squadra campana di un colloquio di nemmeno un minuto in cui è
impossibile decidere una combine per favorire le scommesse di uomini senza
scrupoli. Un episodio nell’ambito dello scandalo che ha coinvolto alcune
squadre e molti giocatori. La conseguenza non fu solo la squalifica di 2 anni
per Rossi, anche la penalizzazione di 5 punti, nell’anno successivo, per il
Perugia, che poi retrocesse, cosa che, comunque, sarebbe successo lo stesso
anche con i cinque punti in più. Dispiace, però, che in queste ore, quella
questione, sembra la cosa più importante della permanenza a Perugia di Paolo
Rossi. Prima di quella triste vicenda c’è stata la sorpresa generale e lo
stupore e la gioia dei tifosi biancorossi alla notizia che Paolo Rossi, nastro
nascente, che tutti volevano, soprattutto il Napoli, preferì Perugia e la
maglia biancorossa, sulla quale domenica prossima ci sarà una patch in ricordo
del suo giocatore più famoso. Fu una scelta impensabile, tecnica e ambientale.
L’anno precedente, 1978-‘79, con Ilario Castagner in panchina, il Perugia, imbattuto (allora si
trattò di un record) finì secondo in campionato, a soli 3 punti dal Milan,
campione d’Italia. L’arrivo a Perugia di Palo Rossi, significava, per i
grifoni, poter lottare alla pari, per lo scudetto. Il progetto fallì, e il
Perugia si classificò al decimo posto, perché il 1° marzo scoppiò lo scandalo
in cui furono coinvolti, oltre a Rossi, anche Mauro Della Martira e Luciano
Zecchini. Tuttavia Pablito, in quell’anno a Perugia, segnò 13 gol. Ma l’Umbria
ha rappresentato una tappa significativa nella vita di Paolo Rossi, anche per altri
aspetti importanti, quelli sentimentali: qui, molti anni dopo, ha conosciuto
Federica Cappelletti, poi diventata sua moglie e da cui ha avuto due bambine.
Paolo, nel rapporto con Federica, è stato eccezionale, straordinario, forse più
bravo di quando affrontava il Brasile e la Germania, lì ha saputo scrivere una
storia sportiva indimenticabile, qui una storia toccante, un viaggio
affascinante, emozionante, bellissimo, tra i sentimenti, che Federica ha fatto
bene a rendere di pubblico dominio. “Purtroppo non riesco a dormire - scriveva
Paolo dal letto d’ospedale - e sono
agitato, guardo le foto che mi invii e penso al nostro grande amore. Vorrei
solo dirti grazie per quello che stai facendo, per me e per le nostre
meravigliose bambine”. “Paolo - ricorda, ora, Federica - non voleva andarsene da questo mondo, lo
amava moltissimo e quegli ultimi istanti di vita sono stati i più strazianti. Ha
lottato sino alla fine, convinto di farcela. Forse voleva fare gol anche al
destino, malgrado il pronostico avverso. Ci era riuscito tante volte in campo.
E io gli ho detto: sappi che io crescerò le nostre bambine e sarò vicina al tuo
primo figlio, Alessandro (nato dalla prima moglie, n.d.r.). Poi gli ho detto che poteva andare via, lasciare il corpo
con le sue sofferenze e portarsi via tutto il mio amore e quello dei figli”. Paolo
e Federica, una storia avvincente, due campioni d’amore, due gemme germogliate in
un mondo seminato d’odio.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia
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