Le folli ambizioni di Donald Trump, in economia e geopolitica
Non
sappiamo se l’opinione pubblica italiana si rende completamente conto di quello
che può provocare il violento uragano che arriva da Washington. Donald Trump
non ha scatenato, con la questione dei dazi, solo una guerra economica dalle
conseguenze devastanti sui mercati mondiali, ha fatto e ha intenzione di fare
di più e di altro che preoccupa seriamente. I dazi non nuoceranno solo alle
economie dei paesi esportatori, arrecheranno danni pesanti anche agli stessi
americani. L’Europa e l’Occidente, prima o poi, si adatteranno al nuovo corso,
troveranno certamente delle soluzioni alternative, ma con conseguenze, al
momento, non calcolabili. Si potrebbero certo ampliare ulteriormente le
esportazioni, in particolare verso la Cina, ma dovremo aumentare anche le
importazioni da Pechino. Fino a quanto? E con quali conseguenze? Due domande
che non possono trovare risposte precise e tranquillizzanti. Sono entrato in un
market di cinesi, sotto casa, a Perugia, e sono rimasto sorpreso nel vedere che
non c’era un solo prodotto italiano, nemmeno uno. Tutto proveniente dalla Cina.
A prezzi più bassi rispetto all’analogo prodotto italiano. Lo stesso già sta avvenendo
nel settore automobilistico, per non dire sulle nuove tecnologie, dove l’Italia
è in notevole ritardo e ormai fuori dai giochi. Una competizione impari, impossibile,
perché in Cina, come tutti sanno, ci sono condizioni di lavoro completamente
diverse, oltre ad avere molte delle materie prime che mancano da noi. Di
conseguenza enormi capitali si sposteranno dall’Italia all’estero, verso la
Cina e altri Paesi emergenti. Un danno enorme con l’inevitabile calo della
produzione e perdita di posti di lavoro. Ancora più preoccupante è
l’atteggiamento di Donald Trump sugli scenari di geopolitica, con le sue mire
espansionistiche, cominciando dall’annessione della Groenlandia, che “al cento
per cento diventerà degli Stati Uniti”, come ha detto, con estrema chiarezza, il
presidente americano. Immediata la risposta della premier danese, Mette
Frederiksen: ”Gli Stati Uniti non otterranno la Groenlandia, che non si tocca,
appartiene ai groenlandesi”. Sulla questione c’è stato, sollecito e tempestivo,
oltre che interessato, anche il parere di Vladimir Putin che ha giudicato i
piani di Trump “seri e storicamente fondati”. Un messaggio angosciante, inviato
al mondo intero, per dire che quando ci sono motivi “storici”, condivisi da
Trump e Putin, sono possibili e legittime tutte le pretese, significa che si
può fare tutto. Cominciando con l’annessione della Groenlandia, primo ghiotto
boccone di Donald Trump. Vladimir Putin troverà motivazioni altrettanto “storiche”
per definire, con o senza armi, la completa occupazione dell’Ucraina. E non
mancano nemmeno le altrettante valide motivazioni, anche queste ovviamente “storiche”,
della Cina per annettere Taiwan. Queste, le prime, sconvolgenti mosse sugli
scenari mondiali.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia
Con riflesso pavloviano, leggendo il pezzo, mi e’ tornata in mente la risposta di Chou En-lai, gia’ ministro degli esteri e allora capo del governo cinese, alla domanda di un giornalista americano durante la visita di Nixon del 1972: “Una valutazione sulla Rivoluzione Francese? Troppo presto per dare un giudizio”. Trascurando il fraintendimento fra le parti e facendo finta che il presidente Chou En-lai si riferisse proprio alla Rivoluzione del 1789, facciamo tesoro del suo insegnamento, frutto di una ineguagliabile esperienza politica e della millenaria saggezza confuciana.
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