Prima di Draghi e dopo Draghi, l'improvvisa metamorfosi della politica italiana
In
principio fu avanti Cristo e dopo Cristo. Ora, per le mezzecalzette della
politica nostrana, c’è un nuovo spartiacque: prima di Draghi e dopo Draghi. Una
fulminea metamorfosi, abbagliante e sorprendente. Senza imbarazzi. Dopo un anno
di riposo, meritato, nella sua villa di Città della Pieve, Draghi è stato chiamato
al capezzale dell’Italia, in stato precomatoso, con molte patologie, e ha
provocato una rivoluzione. Quegli schemi ideologici, quei princìpi, quei
paradigmi, quei sistemi, quelle idee, quei veti incrociati, proclamati da una
vita, e fino a qualche ora prima che a Draghi venisse conferito dal presidente
Mattarella l’incarico di formare un governo, sono svaniti nel nulla. Evaporati.
Non esistono più. Tutti con Draghi. Tutti consci che, essendo arrivato il
Cristiano Ronaldo dell’economia, non è possibile imporre a lui gli schemi di
gioco delle squadrette dei politici, abituate a dispute in tornei parrocchiali,
ora che ci sono le partite della Coppa del Mondo con centinaia di miliardi in palio,
è lui che deve fare la squadra, scegliere e decidere. Ci mancherebbe. Però sono
così tanto profondi e repentini questi consensi da suscitare molti dubbi e
perplessità nell’opinione pubblica. Che
è già divisa, per consolidata tradizione italica, come ai tempi dei Guelfi e
Ghibellini, nel nuovo duello pieno di pathos, tra chi vede nell’incarico a
Mario Draghi l’arrivo del salvatore della Patria e chi, al contrario, lo vede
come un intruso, “ingrassatore di banche” e “idolo dell’establishment politico
–finanziario”. In mezzo la politica, con il suo trasformismo. È vero che in politica
la coerenza è sempre stata come la Fata Morgana, un miraggio, ma proprio per
questo sarebbe saggio evitare di fare ogni giorno proclami e disseminare di impegni
solenni gli interventi comiziali fatti in Tv. Ora i cassetti dei partiti, senza
idee e senza programmi, sono vuoti, in attesa che a riempirli sia lo stesso
Mario Draghi. Il badante della politica. Il fatto è che non parla e allora
brancolano tutti nel buio, non sanno che dire. L’unica rimasta con il cassetto
pieno di patriottismo è Giorgia Meloni, con il solito reperto archeologico ben
custodito: elezioni. Richiesta, in questo momento, come si capisce, del tutto
fuori luogo, addirittura utopistica. Non potendo parlare di altro allora il dibattito
si intensifica su come potrebbe essere formato il nuovo governo. Sarà tecnico o
politico? O tutte e due le cose? Sembra materia di lana caprina. Certo, dovendo
l’esecutivo essere, come ha detto il presidente Mattarella, di “alto profilo”,
Draghi dovrà ricorrere ai politici, per non costellare di zavorra il cammino
governativo, solo in caso di estremo bisogno. Fino a quando? Fino a quando non
arriva il momento delle elezioni del nuovo presidente della Repubblica, che,
verosimilmente, sarà lo stesso Draghi. Finiranno, così, per alcuni mesi, le
dichiarazioni, fantasiose e demenziali, alle quali le mezzecalzette ci avevano
costretti ad assistere, sgomenti, tanto erano deliranti. Una tregua,
finalmente.
Fortunato Vinci - www.lidealiberale.com - Agenzia Stampa
Italia
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