L'Italia, il Paese delle incertezze

 

Non so cosa avviene negli altri Paesi, so che qui, in Italia, la stragrande maggioranza di noi, per molteplici ragioni, vive in una condizione di massima incertezza. Su tutto. Naufraghi delle notizie, vere, false, metà vere e metà false. Un disastro. Sembrano tutti prestigiatori. È possibile tutto e il contrario di tutto. Dalla finanza alla politica, dalla magistratura alla sanità. Con zero certezze, è impossibile orientarsi. Si rischia sempre di precipitare nel baratro. Vai ad aprire un conto corrente, o stipulare un contratto di assicurazione, due operazioni di ordinaria amministrazione, ma vale anche per il contratto della luce o del gas, e ti mostrano, da firmare, almeno quattro fogli di informazioni, con caratteri piccolissimi, che ci vorrebbero due giorni per leggerle e altri due giorni per capirle, se hai almeno una laurea e una lente di ingrandimento, naturalmente. E, allora, firmi, e che Dio ce la mandi buona. Per non dire di quei contratti virtuali, moderni, online, in cui basta un click per avviarli, renderli efficaci ed esecutivi in un istante. Se poi ti dovesse venire in mente di rescinderli, e prima o poi capita, ti trovi davanti il nulla. Provi a chiamare e risponde Pasquale dall’Albania, poi cade la linea e, allora, t’imbatti in Maria dalla Bosnia, che prova a spiegarti, in un italiano stentato, il percorso di guerra che deve seguire per venire a capo di quello che dovrebbe essere un tuo diritto, tra procedure lunghe e farraginose, fatte apposta per dissuadere chiunque da qualsiasi possibile ripensamento. Sul disastro della politica è inutile dilungarsi. I giocolieri, mezzecalzette, sono sempre al proscenio, a qualsiasi ora del giorno e della notte, in Tv e sui social, per raccontare balle. Mentre ci stanno mandando in fallimento. Sulle condizioni comatose della magistratura ha aperto uno squarcio Luca Palamara con il libro “Sistema”, scritto con Alessandro Sallusti. Qualche sconcertante particolare, nell’articolo: “Lo sconvolgente diario di bordo di Palamara, lo spregiudicato nocchiero che ha navigato vent’anni tra le correnti della magistratura”. Con la sanità pensavamo di trovarci un po’ meglio. Invece assoluta incertezza anche qui. Prima su come è arrivato il Covid-19, poi, se cambia e come cambia, come si previene il contagio, come si cura, l’odissea del vaccino, a chi farlo, le controindicazioni. Sono stati intervistati, dagli organi d’informazione, tutti i medici, dai primari ai specializzandi e, finito il giro, hanno chiamato pure gli infermieri a dire la loro. Un delirio infinito di dichiarazioni. E quel che è peggio di pareri diversi, a volte diametralmente opposti. E il cittadino? Completamente disorientato. L’ultimo spettacolo è andato in onda da Massino Gilette a “Non è l’Arena”, e meno male che si chiama così il programma della 7, se no scorreva il sangue. Domenica scorso la contrapposizione era tra un medico di famiglia, che aveva molti dubbi sul vaccino contro il Covid-19, e un professore di malattie infettive. L’aspro confronto è stato intervallato da insulti reciproci d’ignoranza, il medico di famiglia sosteneva (e sostiene) che il vaccino potrebbe fare male, ma - ha voluto precisare - non lo dice lui, si riferisce a quanto c’è scritto nel foglio illustrativo, allegato alla confezione del vaccino stesso, messo dal laboratorio che lo ha prodotto. E lui, scrupoloso, ci tiene a farlo leggere ai suoi pazienti prima di vaccinarli. Se è per questo, però, non bisognerebbe prendere nemmeno un moment, che nella confezione contiene un foglio illustrativo, di ben 60 cm, con le “informazioni per l’utilizzatore”, e scritto, a due colonne, avanti e dietro, abbondanti “avvertenze e precauzioni”. Ha anche detto, il medico in studio, che lui, con altri colleghi, che hanno in totale 1700 pazienti, ha curato e guarito, a casa, le persone ammalate di Covid-19, impiegando delle medicine, già in circolazione, e che dei suoi non è morto nessuno. Ma il medico “ribelle” ha fatto pure vedere un filmato di un esperimento in cui lui, con altre due persone, fa alcuni tamponi, come quelli che in tutto il mondo si stanno facendo per vedere se uno è positivo o meno al Covid-19, invece che alle persone ad un kiwi e a un’arancia. In laboratorio metà di questi tamponi hanno poi dato un risultato positivo. Che vuol dire? Che il virus c’è anche nella frutta? O che il tampone non rileva un bel niente, e non serve a nulla? Boh. C’erano, presenti alla trasmissione altri due giornalisti, oltre a Gilette, ma a nessuno è venuto in mente di chiedere una spiegazione né a chi ha fatto l’esperimento né al professore indignato di tutte le “sciocchezze” di quello che diceva il suo collega in studio.  E così, a letto, siamo andati ancora una volta con l’ennesima incertezza. Lo spettacolo è salvo, la credibilità della medicina un po’ meno.     

                         Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

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