Con la votazione Rousseau il naufragio dei 5 Stelle
Una fine così ingloriosa per il
Movimento 5 Stelle era impossibile pensarla. Il dilemma, pure del tutto
legittimo e comprensibile, se votare o meno la fiducia al governo di Mario
Draghi, è stato risolto con una procedura che ha avuto due effetti devastanti: ridicolizzare
e dividere il Movimento. Questo il
quesito posto agli iscritti nella votazione sulla piattaforma Rousseau: “Sei
d’accordo che il Movimento sostenga un governo tecnico –politico: che preveda
un super-Ministero della Transizione Ecologica e difenda i principali risultati
raggiunti dal Movimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente
incaricato Mario Draghi?”. A parte la punteggiatura, già oggetto di matita
rossa di Massimo Gramellini sul Corriere
della Sera, e dell’italiano incerto, rilevato un po’ da tutti, è la
formulazione del quesito che sgomenta: superficiale, inconcludente,
ingannevole. Si è avuta paura del voto contrario. Era chiarissimo che il ritorno in campo di
Beppe Grillo, con l’impegno fatto platealmente e ripetutamente a favore
dell’appoggio da dare a Mario Draghi, non poteva assolutamente essere
vanificato dalla votazione del popolo 5 Stelle. Sarebbe stata una sconfitta
insopportabile per Grillo e, allora, si è pensato all’ambiguità e all’inganno.
Perché - hanno pensato coloro che hanno formulato il quesito - come possono gli
iscritti al Movimento votare contro un governo che difende, e con un ministero
tutto nuovo, addirittura suggerito da noi, i principali risultati raggiunti dal
Movimento? Eppure nonostante questo macroscopico, evidente equivoco 30.360 (su
74.537) hanno votato no. Una pesante, grave spaccatura, le cui conseguenze si
vedranno nel tempo. I maggiorenti del Movimento si sono precipitati subito a
dire che la votazione, ora, impegna tutti, nel senso che tutti in Parlamento sono
tenuti a votare la fiducia e chi non lo fa è fuori. Con il rischio di altre
espulsioni e di altre frammentazioni, che ora, probabilmente, troveranno, nel
dissidente Alessandro Di Battista, un punto di coagulo e di riferimento. Non
intendo dire, sia chiaro, che i 5 Stelle non dovessero appoggiare il governo
Draghi, dico solo che dovevano fare come hanno fatto tutti gli atri segretari
dei partiti, fatta eccezione per Giorgia Meloni, di FdI. Dire cioè la verità, che
peraltro sapevano anche tutti: in Parlamento la maggioranza non c’era più dopo
la crisi provocata, con motivazioni pretestuose, da Matteo Renzi, e la
situazione drammatica, ricordata anche dal presidente Mattarella, non
consentiva alternative. Sarebbe stato il modo migliore per spiegare, in maniera
chiara, senza inganni, la questione. Quella foglia di fico demenziale, sul
ministero a salvaguardia dell’ecologia, suppongo, abbia irritato molti, forse
più del fatto di dover dire sì a Draghi e al suo governo.
Fortunato
Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
Commenti
Posta un commento