Politica e dintorni, le pagelle del 2020 di Fortunato Vinci

 

Sergio Mattarella: Un po’ tutti lo hanno tirato per la giacca, tanto che ha fatto fatica a trovare nell’armadio, per il tradizionale messaggio di fine anno, una giacca senza strappi. Gli hanno chiesto di tutto: cacciare Giuseppe Conte e mettere al suo posto Mario Draghi, come fosse la sostituzione dell’amministratore del condominio, sciogliere le camere e indire nuove elezioni, ignorando la Costituzione; garantire un anno di pace fiscale, con la sospensione di tutte le tasse locali e statali per tutto il 2020, e svegliare l’Europa che dorme e che si ricorda dell’Italia e dei cittadini europei solo quando si tratta di incassare. Il presidente ha resistito, e non si è fatto trascinare dalle schizofreniche e sgangherate richieste, con saggezza e lungimiranza. Confermando di essere un faro rassicurante nelle nebbie della politica. Ora, per il nuovo anno, ha ricordato che bisogna essere "costruttori" e lanciato tre scialuppe: ”serietà, responsabilità, solidarietà”. Le mezzecalzette capiranno che non ci sono alternative?  Voto 8.   

Giuseppe Conte: Nella tempesta sanitaria, economica e politica che ha travolto l’Italia, pur commettendo errori, ha saputo tenere a galla il Paese. Onestà intellettuale impone di chiedersi, chi, al suo posto, avrebbe saputo fare meglio: forse Berlusconi, Renzi, Salvini, Meloni, Zingaretti? Chi? Non è andato e non va tutto bene, sia chiaro, ma ha molte attenuanti dovendo agire con la zavorra, ministri adatti a tutto meno che a fare i ministri, un’organizzazione sanitaria sgangherata, distrutta con i tagli di risorse per favorire in maniera interessata, e irresponsabile, quella privata; e con 20 ducetti nelle Regioni a (tentare di) governarla. Però alcune spese non possono essere accettate, anche perché nella stragrande maggioranza dei casi sono due su tutte: è inaccettabile spendere circa 4 miliardi di euro per i banchi a rotelle per le scuole, voluti dalla cocciutaggine dell’Azzolina (vedi), o rifinanziare, senza le necessarie modifiche, il reddito di cittadinanza. E speriamo che sul Next generation Eu saremo in grado di fare meglio. Il piano con i suoi obiettivi è cruciale per non rischiare di perdere i fondi. Una rovina per il Paese. “Tra color che sono sospesi”.  Voto 5, di incoraggiamento. 

Matteo Renzi: Meglio del mago Silvan, dal cilindro ha fatto uscire un partito e, nel dubbio, ha pensato di renderlo vivente, almeno nel nome: Italia viva. Un capolavoro per lui, per il Paese, sorpreso e smarrito, un gioco di prestigio, appunto.  Con il 48, quanti sono i suoi parlamentari, tutti profughi da altri partiti, ricorda la smorfia napoletana, il morto che parla. Così la pensano anche gli italiani che, secondo i sondaggi, solo il 3% (circa) sarebbe disposto a votarlo. Allora per trovare qualche altro suffragio deve far parlare di sé giornali e televisioni, e così minaccia ogni giorno la crisi di governo. Ora ha consegnato le sue tavole, con 61 regole, a Giuseppe Conte, riservandosi di interrogarlo dopo l’Epifania per verificare se ha studiato e ha assimilato i desideri di Iv. L’ultimo sussulto di genialità del 2020, lo statista di Rignano sull’Arno, lo ha fatto al Senato, quando ha detto che la bicicletta sta in equilibrio solo se si muove, lasciando tutti di stucco, perché prima, a questa scoperta geniale, non ci aveva pensato nessuno, una serie ipoteca al Nobel per la Fisica del prossimo anno. Voto 3.

Matteo Salvini: È un caso difficile, soffre di autolesionismo politico acuto, arduo da definire, su cui stanno studiando molti centri di psichiatria sparsi nel mondo.  Era ministro dell’Interno e vicepresidente del consiglio, aveva uno straordinario potere su una coalizione con i 5 Stelle, un movimento nato dalle battute di un comico, che non si rendeva nemmeno conto di essere arrivato al potere e, quindi, disposto a tutto.  Altrettanto, o forse di più, era disposto a fare Giuseppe Conte, un avvocato sconosciuto catapultato, non sa nemmeno lui come e perché, a palazzo Chigi che, pur di rimanere a capo del governo, ingoiava tutti i rospi che il leader delle Lega gli preparava, con solerzia culinaria, a pranzo e a cena. Una straordinaria visibilità e un picco di consensi, grazie a due assi, come la lotta ai migranti e ai tributi, che avevano portato la Lega ad essere (nei sondaggi) il primo partito, con il 32%, mentre ora è al 23,5%. Cosa poteva volere di più? E allora ha pensato alla crisi di governo, al suicidio politico, inventandosi la necessità di nuove elezioni, sperando di vincerle e di fare il governo con Forza Italia e Fratelli d’Italia. Non aveva nemmeno capito che con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni non avrebbe, comunque, mai avuto il potere che aveva, in quel momento, con Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. Forse si è fidato, da autentico sprovveduto, all’abile tranello teso da Matteo Renzi che gli aveva assicurato, con Nicola Zingaretti, che non ci sarebbe stato, con assoluta certezza, un nuovo governo, ma solo il voto. E, invece, Renzi e Zingaretti, lo hanno beffato, trovando una nuova maggioranza con il governo giallorosso e il Conte 2. Poteva fare peggio?  Un disastro. Il “capolavoro”, è vero, è successo nel 2019, ma le pesanti conseguenze si sono avute quest’anno e il giudizio è, dunque, biennale.  Voto 1.

Lucia Azzolina: come ministro dell’Istruzione ha due fissazioni: i banchi a rotelle e l’apertura delle scuole. Sulla spesa di circa 4 miliardi di euro, fatta con debiti (un particolare tutt’altro che trascurabile) per acquistare i banchi con le rotelle, con una motivazione demenziale “perché così si possono spostare meglio”, definiti “inutili” da mio nipote di 9 anni e dal ministero della Salute. Lei, e tutti quelli che hanno consentito questo incredibile enorme spreco di denaro pubblico, dovrebbero essere citati, per danno erariale, dalla Corte dei Conti, cosa che, purtroppo, non è possibile. Che le lezioni si debbano fare in classe, con l’insegnante, è cosa ovvia, scontata e arcinota. Nessuno ha mai sostenuto il contrario. Il problema è che milioni di studenti, la mattina, sui mezzi pubblici super affollati, procurano notevoli occasioni di contagio sia per loro che per gli altri passeggeri. Il problema è questo, ma il ministro non lo ha ancora capito e parla di danni agli studenti nella crescita culturale. A parte che non è vero che la cosa provochi così gravi conseguenze, altrimenti non si capisce, tra l’altro, perché il ministero autorizza le tante Università con i corsi a distanza, ma il dilemma è questo: se non si riesce, con orari differenziati e con l’aumento dei mezzi di trasporto, a non rendere rischioso il viaggio per raggiungere la scuola, dovendo scegliere tra contrarre l’infezione o fare le lezioni on line, che cosa è bene scegliere? Per il resto s’impegna tanto, ma i risultati sono modesti e deludenti. È lontana dalla sufficienza.  Voto: 4 =.

Giorgia Meloni: Ha un solo obiettivo, ripetuto in maniera ossessiva: andare a votare. Nient’altro. Lo ha ribadito anche nell’ultima intervista, ieri al Corriere della Sera. “La nostra stella polare rimane la volontà degli italiani”. Ma quella espressa nelle elezioni politiche, il 4 marzo del 2018, che ha scelto l’attuale composizione del Parlamento, che cos’è stata?  Non è quella la volontà degli italiani? Chiude, poi, con una strabiliante quanto illuminante riflessione. “Ci si deve interrogare su come si possa combattere il Covid rispettando i diritti delle persone”. Già, è proprio questo l’enigma angoscioso e angosciante di questi tempi. Ma lei, che, immagino, si interroga da più di un anno, ha trovato o no la soluzione? Perché se l’ha trovata, ce lo deve dire, così salviamo oltre all’Italia il mondo intero. Se poi, come sembra e dice, bisogna ancora interrogarsi, allora è inutile mandarla al governo, con Berlusconi e Salvini.  Se è solo per interrogarsi può continuare a farlo anche stando all’opposizione. Voto 4.

Mario Draghi: In fatto di giacche lacerate sta peggio di Mattarella. Tutti hanno invocato il suo intervento in politica, come salvatore della patria.  Forse riconoscendo, a posteriori, che il gommone su cui naviga l’Italia, si tiene a galla solo perché gonfiato dai soldi prestati dalla Bce. Ci ha indicato la strada da seguire con la differenza tra debito “buono” e debito “cattivo”. Finora l’aiuto è stato a distanza, ora lo si vorrebbe far scendere addirittura in campo. Affinché sia, per l’Italia, quello che Cristiano Ronaldo è per la Juventus. Solo che mettersi a parlare di economia e finanza, a palazzo Chigi, con Teresa Bellanova, Lucia Azzolina e Paola De Micheli, tre stelle del firmamento politico romano, sarebbe come se Ronaldo andasse a giocare con la squadretta dell’oratorio.  Missione impossibile. Per ora. Per il presente S.V. per il passato Voto 9.     

                               Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

 

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