Le risse delle comari e le iniquità fiscali di una manovra confusa e inadeguata rendono l'autunno più triste e malinconico
Nessuno
certamente pensava che fossero, e nemmeno che potessero diventare, statiste, né
Giorgia Meloni e nemmeno Elly Schlein. Era, però, legittimo pretendere che
avessero, almeno, un minimo di consapevolezza per capire che hanno dei doveri
inderogabili nel rappresentare chi li ha eletti in ruoli così importanti. Il
fatto che siano state elette, invece di dare loro, come credono, la massima
liberta, accresce gli obblighi e le responsabilità. Così che la rissa di questi
ultimi giorni (e tutto il pregresso) rappresenta un degrado senza precedenti e
un pessimo esempio per tutti. La sgangherata opposizione di Schlein, negativa
su tutto a prescindere, non solo non aiuta e non serve per migliorare la
governabilità del Paese, paradossalmente favorisce la maggioranza che senza
fare quasi nulla, acquisisce, nell’inevitabile confronto, credibilità e fiducia,
come stanno a confermare i sondaggi. In questo scenario, occupato dalla
surreale competizione a chi fa peggio, sta maturando una legge di bilancio
preoccupante e deludente. E diventa irritante vedere l’esultanza di alcuni
politici e giornalisti per la riduzione dell’aliquota Irpef, dal 35% al 33%,
riferita allo scaglione che va da 28.000 a 50.000 euro di reddito. La
stragrande maggioranza degli italiani, quel famoso ceto medio che non ha alcuna
protezione né dei partiti né dei sindacati, ha un reddito, da lavoro o da
pensione, che va da 29.000 euro a 38.000 euro l’anno. La riduzione
dell’aliquota Irpef porterà, per i primi, un risparmio di 1,6 euro al mese. Niente
cappuccino, al massimo, se non vanno in un bar di lusso, possono prendere un
caffè. Quelli più “ricchi”, con 38.000 euro lordi, avranno una diminuzione di 16,6
euro al mese. Una miserabile elemosina, irridente se si confronta con l’inflazione
galoppante. L’Assoutenti ha calcolato che una famiglia, con due figli a carico,
arrivi a spendere, per cibi e bevande, 343 euro in più, quest’anno rispetto al
2024. Dal 2019 ad oggi di quanto sono aumentati i salari, gli stipendi e le
pensioni? Salvo piccoli miglioramenti per il rinnovo di qualche contratto,
nella stragrande maggioranza dei casi, di zero euro. Mentre i prezzi dei generi
alimentari, beni, ovviamente, di prima necessità, secondo l’Istat, sono
aumentati del 30,1%. Poi ci sono stati gli immancabili aumenti della luce e del
gas, e delle addizionali regionali e comunali, in crescita anche l’Irap, l’Imu,
la Tari, l’acqua, le accise e l’Iva sui carburanti, bollo sull’auto e bollo
ogni qualvolta si chiede qualcosa. E poi c’è da considerare che bisogna pagare
l’Iva anche quando si va dal meccanico o si chiama l’idraulico o
l’elettricista. E chissà quante altre gabelle ci sono ed ho dimenticato. Un
delirio di esose imposizioni per imposte, tasse e contributi che non ha uguali
al mondo. Si sopravvive - è inutile negarlo - con il nero, altrimenti sarebbe
la fame generalizzata. Come fanno a non capirlo? Né le comari rissose di cui
sopra né tutti gli altri, Mattarella compreso. La rabbia scaturisce anche dal
fatto che molte di queste risorse servono solo per mantenere in vita istituzioni
inutili e costose, quali sono, tra le tante, le province e le regioni. Se si escludono
i politici, a chi servono questi due carrozzoni? Ma nel mentre si appesantisce
enormemente la pressione fiscale, con il potere d’acquisto che cala per
l’inflazione galoppante, come abbiamo visto, si assiste, sbalorditi e
impotenti, ad una tassazione iniqua a favore di alcune categorie di
contribuenti. Si tratta, come ho scritto tante altre volte, della flat tax, la
cosiddetta tassa piatta, applicata solo per i professionisti e le cosiddette
partite Iva, consentendo loro di pagare, fino a 85.000 euro di reddito, imposte
notevolmente ridotte: 5% per i primi 5 anni di attività e poi il 15%. Tutti i lavoratori
dipendenti ed i pensionati, con lo stesso reddito devono pagare: fino a 28.000
euro il 23%, oltre 28.000 e fino a 50.000 euro il 35% (poi, forse, il 33%)
oltre 50.000 l’aliquota sale addirittura al 43%. Come si vede ad occhio nudo,
senza nemmeno bisogno della calcolatrice, la differenza è enorme e comporta, come
conseguenza, un costo eccessivo per le casse dello Stato. Ed è pure incostituzionale,
inaccettabile, ingiusta. Con questa straordinaria e del tutto ingiustificata agevolazione
fiscale, (leggi pure: “Evviva la flat tax è incostituzionale, ma porta molti
voti”) s’ignora e si fa scempio dell’art.3 della Costituzione nel quale c’è
scritto che tutti i cittadini devono essere trattati allo stesso modo dalla
legge, senza alcuna distinzione e privilegio. Non solo, sempre la Costituzione,
dice che la Repubblica deve intervenire concretamente per eliminare le
disuguaglianze sociali ed economiche. Questo regime tributario fa esattamente
l’opposto: crea disuguaglianze sociali ed economiche. Con questo metodo si
ignora e si vìola pure l’art.53 che stabilisce che “il sistema tributario è
informato a criteri di progressività”. Per la flat tax il metodo è, invece,
proporzionale, cosa completamente diversa da ciò che prescrive la Costituzione.
La stessa cosa la dice il Fondo Monetario Internazionale, con l’autorevolezza
di rappresentare 190 paesi, il quale ha suggerito al nostro Paese di eliminare
la flat tax considerandola “iniqua e penalizzante per le casse pubbliche”. Sarebbero
tanti a dover vigilare sul rispetto, più o meno rigoroso, della Costituzione, invece
non si vede nessuno, tutti incomprensibilmente assenti e colpevolmente
conniventi.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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