Il cocuzzaro di Giorgia Meloni

 

Nel settembre del 2022, quando ci furono le politiche, scrissi che non me la sentivo di votare per Giorgia Meloni perché la coalizione di centrodestra mi sembrava infestata di pescicani che, in caso di successo elettorale, avrebbero potuto rendere travagliata la navigazione governativa. Allora, non conoscendo il resto, mi riferivo, in particolare, a Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Ora, a distanza di più di un anno, mi pare che la previsione fu azzeccata, anche in peggio, nel senso che Giorgia Meloni si trova intorno un cocuzzaro che nemmeno lei poteva immaginare fosse così scarso, incapace e inconcludente. E di questo giustamente si rammarica quando ammette “che non tutti in FdI sentono la responsabilità che abbiamo”. È proprio così, e si assiste ad una gara a chi fa peggio. Non solo nelle funzioni istituzionali, quelle sono, addirittura, di un altro mondo; no, no, s’incartano, anche nell’ordinaria, semplice vita quotidiana. E dopo ogni gaffe, quasi giornaliera, cercano di metterci una pezza, appoggiati dai giornali e dalle televisioni di complemento, così che si raggiungono vette patetiche inimmaginabili, comiche e grottesche. E tocca sempre alla presidente del Consiglio provare a rammendare gli strappi dei cocuzzari. È pesante per lei, ma quel che più conta è che è un guaio per il Paese, che, guarda smarrito, sconcertato, deluso e demoralizzato. Anche perché invece di cercare di volare basso, proprio per la qualità del contesto, la Meloni si è avventurata in riforme, costituzionali e non, di una certa importanza che andrebbero studiate ed elaborate da studiosi di un certo livello. Per rendersi conto, prima di tutto, degli effetti e delle conseguenze. Ci vogliono, e in qualche situazione sono anche necessarie, le riforme, ma non così tante insieme e, soprattutto, non con gli azzeccagarbugli che le stanno intorno. Così, Giorgia Meloni mi sembra una audace e inesperta giocatrice di poker che prova a fare rilancio su rilancio senza avere le carte adeguate. Ne sta venendo fuori un pericoloso guazzabuglio in cui la vedo in grosse difficoltà e, con lei, la nostra povera Italia.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia              

Commenti

  1. Condivido, per la solare evidenza delle considerazioni fatte, tutto quanto e’ detto nell’articolo in merito alle ‘sviste’ sconcertanti di chi gode di osservatori privilegiati, da dove si dovrebbe vedere tutto, molto chiaro e a lunga distanza. Una buona legge elettorale non e’ un aspetto marginale delle nostre istituzioni. Una buona legge elettorale spinge i cittadini a partecipare alla vita politica, a far sentire loro che le sorti del Paese dipendono anche da loro. Una legge elettorale non e’ solo un metodo per tradurre voti in seggi. E’ soprattutto lo strumento per riqualificare la classe politica e garantire un rapporto reale tra elettori ed eletti. In sintesi, la legge elettorale e’ lo specchio della visione di democrazia del Paese.

    Ma la legge elettorale non e' poi il principale problema. Ce n'e’ un altro, ben piu’ profondo, che chiama in causa il concetto stesso di democrazia. Le democrazie, in cui il potere e’ demandato al popolo, si basano su un principio: che il popolo voglia esercitare questo potere e soprattutto che lo voglia fare con la piena consapevolezza della responsabilita’ associata all’atto del voto, consapevolezza che puo’ essere raggiunta solo interessandosi alla politica, ‘studiando’ la politica. Da tempo invece questa consapevolezza in molti e’ scomparsa, e le scelte di voto sono emotive, passionali, estetiche addirittura. E questo ci porterebbe ad affrontare il terzo problema: la politica dei media e il leaderismo, di cui ora non abbiamo spazio per parlarne.
    FF

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