La "questione meridionale" all'attenzione degli studiosi con le "colpe" degli elettori meridionali
“Per “questione meridionale” s’intende la
situazione di arretratezza nello sviluppo socio-economico delle regioni del
mezzogiorno italiano”. L’espressione, riporta il Corriere della Sera, fu utilizzata, per la prima volta, nel 1873,
dal deputato radicale lombardo, Antonio Billia. Ora, l’analisi di questa
“arretratezza” è fatta, in “Profezia per l’Italia “, saggio edito da Mondadori,
di Ernesto Galli della Loggia, docente emerito di Storia contemporanea e Aldo
Schiavone, storico dell’antichità. I due studiosi hanno “fotografato” con acume
e amaro pragmatismo la situazione reale e ne hanno individuato le cause che
hanno portato, e continuano a portare, a questo divario tra Sud e resto
d’Italia. Essi scrivono che dipende dai meridionali cambiare e risorgere.
“Dipende da loro – scrivono i due studiosi – cambiare le cose, non da altri.
Che, soprattutto, dipende da loro usare il diritto di voto non solo per
chiedere al Paese le cose giuste, ma in modo specialissimo per scegliere da chi
essere governati. Se una cosa nel nostro viaggio ci è parsa evidente, infatti,
è stata la pessima qualità morale e culturale, e di conseguenza amministrativa
(le cose sono di sicuro collegate) che nel generale naufragio di tutti i
partiti caratterizza, salvo poche eccezioni, il personale politico meridionale.
Le condizioni in cui versa i Mezzogiorno dipendono in misura assai importante
proprio dalla inadeguatezza di questo ceto. E dunque, se gli attuali sindaci e
presidenti di Regione resteranno al proprio posto, se resteranno al proprio
posto i parlamentari che oggi lo rappresentano a Roma, il Sud non riuscirà mai
a cambiare se non in peggio”. E’ vero ma solo in parte. Non v’è alcun dubbio
che Galli della Loggia e Schiavone abbiano messo, scrivendo queste cose, il
dito nella piaga. È tutto maledettamente vero, ma, per onestà intellettuale,
bisogna aggiungere che il problema non è solo il Sud, e questo, lo si vede,
drammatico, tutti i giorni, riguarda il nostro Paese. Queste mezzecalzette
hanno invaso, come e peggio di un virus, la vita di noi italiani. Nel Sud, per
tante altre ragioni, le cose vanno peggio. Ma non è colpa del voto dei
meridionali, o degli italiani in genere, la colpa principale - ne converranno
gli autori del saggio - è delle leggi elettorali che consentono ai cinque, sei
segretari dei partiti di scegliere, a propria immagine e somiglianza, i
parlamentari, e gli elettori hanno solo il compito di avallare quello che è
stato deciso altrove. È una cosa di una gravità inaudita, vulnus della democrazia. Uno scempio dell’art.1 della Costituzione:
“La sovranità appartiene al popolo…” Come si fa, se le cose stanno così, a dare
la colpa agli elettori, meridionali e non? Non è un caso che la maggioranza
degli elettori si rifiuta di andare alle urne, indignata, disgustata, non vuole
avallare l’operato di altri, non vuole votare le mezzecalzette. Ma c’è qualcuno
a cui la questione interessa?
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
L’avallo alle persone scelte dai segretari politici, che gli elettori si ritrovano già elencati, durante le operazioni di voto, è davvero incredibile e scandaloso. A questa pratica medievale non si oppone la stragrande maggioranza degli elettori, preferendo l’astensione dalla partecipazione al voto. Ritorna utile a tal proposito modificare la Carta Costituzionale, rendendo eleggibili i rappresentanti del popolo in ragione della percentuale di partecipazione alle votazioni. Un paese praticamente bloccato dove non si tocca la “Costituzione più bella del mondo!” In tale contesto, al sud si sommano vecchie debolezze ed un sistema socio economico più deboli ed arretrato.
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