Il disastro delle Regioni che nessuno (dei politici) vuole abolire

 

Se c’è una cosa, peraltro l’unica che si possa fare per salvarci, è quella di abolire le Regioni. Venti “staterelli”, avidi di potere e di risorse, costosissimi, con un peso amministrativo insopportabile, che servono solo ai politici per avere centinaia di poltrone da occupare e tante altre da distribuire a parenti e amici. Una follia. Da irresponsabili continuare a tenerle con un debito monstre che non si sa come si potrà pagare. Eppure nessuno ne parla. Questa sarebbe la prima, più importante rivoluzione di cui avrebbe bisogno l’Italia. I disastri delle Regioni li ha evidenziati, con un editoriale sul Corriere della Sera di oggi, Ernesto Galli Della Loggia, che, però, non ha avuto il coraggio, in conclusione, di arrivare alla soluzione che vorrebbero tutti: la cancellazione. Immagino le obiezioni, la prima, inevitabile: ma sono previste dalla Costituzione. Certo, lo so. Infatti, come ho avuto modo di scrivere tante altre volte, bisogna cambiare la Costituzione. I padri costituenti, allora, non sbagliarono, avevano visto bene, solo che si era nel 1946, quando andare da Palermo, o da Cagliari, o da Bolzano a Roma era un’avventura. Le comunicazioni difficili. Tutto si spediva per posta, un’altra epoca, un altro mondo. Pensare a enti più vicini ai cittadini, fu cosa saggia, e del tutto comprensibile per quel tempo. Giusto quindi quello che avevano scritto: “La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni”. Successivamente modificato: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Lo Stato messo per ultimo, come fosse una pertinenza della Repubblica. Peggio di prima, una sciagura. Ma con le mezzecalzette che ci ritroviamo come era possibile pensare a dei miglioramenti? La Repubblica, invece, avrebbe bisogno di un’articolazione funzionale, più snella, più semplice, meno costosa, questa: “La Repubblica è costituita da Comuni, Città metropolitane e dallo Stato”. Niente Regioni e Province, dove ci sono le maggiori incrostazioni politico amministrative, con pesanti oneri fiscali. Se ancora avete dubbi, chiedete alle imprese edili, agli ingegneri, ai geometri, ai commercialisti di quanto siano aumentate le incombenze per mantenere questi enti fantasmi, che succhiano risorse, rovinano la vita a chi lavora, senza dare in cambio nulla. Un solo dato: le condizioni delle strade sono pessime in Umbria come in Calabria. Sarebbe una delle due competenze assegnate alle Province. Una sventura. I danni delle Regioni sono infiniti. Ricordate le liti sulla sanità? E sui colori da assegnare per il Covid-19? Stanno per riprendere. Un delirio di onnipotenza dei presidenti, chiamati, impropriamente, governatori. Troveremo qualcuno, illuminato, che si renda conto di qual è la vera, drammatica situazione?

   Fortunato Vinci – www.liedaliberale.com -  Agenzia Stampa Italia

     

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