Il travaglio di Fi e 5 Stelle, due partiti senza nocchiero
È
sorprendente la rapidità con la quale due partiti, Forza Italia ed il Movimento
5 Stelle, che fino a qualche anno fa erano punti di forza dello schieramento
politico del nostro Paese, si stiano sbriciolando. Sorprende la rapidità non il
destino, segnato e inevitabile, in quanto i due partita, da tempo, non hanno
più un nocchiero. La politica impone decisioni rapide, giorno dopo giorno, non
è concepibile che non ci sia qualcuno che decida, che mostri di avere, davanti agli
elettori e al Paese, capacità e prestigio. Il capo, il nocchiero, il leader, il
segretario, possibilmente carismatico, è indispensabile. Seppure i due partiti
abbiano storie diverse, condividono lo stesso, inevitabile, destino. Forza
Italia è il partito di Silvio Berlusconi. Lo ha fondato lui, purtroppo a sua
immagine e somiglianza. Cioè mettendo il partito al suo servizio, piuttosto che
al servizio del Paese. E questo ha provocato traumi (Gianfranco Fini) e limiti consistenti
nella crescita. Doveva essere il partito di centro, moderato e liberale negli
intenti, il partito che secondo me, come ho avuto modo di scrivere diverse
volte, manca in Italia. Nacque con tante speranze, ma si è visto subito che era
appesantito, zavorrato dagli interessi di Berlusconi. È inutile ricordare le
leggi ad personam ed altre cadute di
stile, chiamiamole così (vicenda Ruby) che hanno indignato e allontanato molti.
Negli ultimi tempi, poi, la situazione è peggiorata, non solo e non tanto per
l’intraprendenza dei concorrenti nell’area di centrodestra, come Giorgia Meloni
con Fdi e Matteo Salvini con la Lega, quanto dal fatto che Silvio Berlusconi,
che per tante ragioni ormai non può seguire personalmente il partito, non abbia
mai voluto cedere lo scettro, ed il potere, a qualcuno della sua, in verità un
po’ modesta, cucciolata. Un minimo di potere (vicepresidente e coordinatore
unico nazionale) lo ha ceduto ad Antonio Tajani, un fedelissimo, tanto che lo stesso Berlusconi gli riconosce "lealtà e dedizione", sì, va bene, ma non è all’altezza del compito, come si vede ad occhio nudo ogni giorno, con quelle
dichiarazioni quotidiane alla tv, tristi e patetiche. C’erano, invece, due possibili
candidati, che avrebbero potuto guidare il partito ed evitare lo sbriciolamento
di questi giorni, Giovanni Toti, presidente della Liguria e Maria Rosaria
Garfagna, deputata. Entrambi, però, non hanno il primo requisito richiesto da
Berlusconi per cedere lo scettro: assoluta fedeltà al casato. Tanto è vero che
Giovanni Toti si era già fatto un partito (ino ino) ed ora, insieme con il
sindaco di Venezia, Enrico Brugnaro, è il protagonista e cofondatore di
“Coraggio Italia”, il nuovo soggetto politico che nasce, appunto, con la
diaspora, ed il sostegno, di 12 deputati di Forza Italia più i senatori che
faranno le loro adesioni quando, in settimana, si costituirà il nuovo gruppo al
Senato. Sarà “Coraggio Italia” il nuovo partito di centro, moderato e liberale,
auspicato da tanti milioni di italiani? Intanto, c’è stato, nelle ultime ore,
un tentativo, disperato, di mantenere in vita Forza Italia con un patto con
Salvini, tanto che qualche giornale titola “il partito Salvini-Berlusconi”. Più
che una notizia appare una speranza, per Berlusconi, s’intende.
L’incertezza,
per la mancanza di una guida, è una delle cause che ha provocato lo sfaldamento
del Movimento 5 Stelle. Beppe Grillo, con un nugolo di sconosciuti, lo ha
portato al successo straordinario, e del tutto impensabile, nel marzo del 2018.
Un 32,6 %, con 10.522.272 voti, ha provocato un terremoto politico e un trauma
tra i protagonisti del successo, i quali non hanno capito che quei voti non
erano solo di consenso, erano, soprattutto, voti sottratti agli altri partiti
per manifestare la protesta, il disgusto e l’indignazione per come avevano
governato. Ma una cosa è cercare i consensi, insultando dal palco tutti gli
avversari, cosa ben diversa è governare. Due mestieri completamente diversi,
quasi opposti. Demolire è molto più facile che costruire. I 5 Stelle si sono
trovati con tanti seggi ma senza una maggioranza, e allora, prima, l’hanno
costruita con Matteo Salvini, e quando la Lega ha inspiegabilmente abbandonato
la maggioranza hanno trovato, con Giuseppe Conte 2, un’alleanza con il Pd, Iv e
Leu. Non è andato tutto bene perché non hanno saputo distinguere e gestire i
due ruoli: fuori dal governo e dentro il governo e soprattutto perché, spesso,
si sono fatti guidare dall’ideologia, rendendosi odiosi e impopolari. Se a tutto
questo si aggiunge che ancora non hanno un segretario (o come lo vogliono
chiamare) si capisce che è come un gregge senza un pastore, con conseguente record
di abbandoni: 60 a Montecitorio e 33 a Palazzo Madama. Un disastro. Giuseppe
Conte, che dovrebbe essere il nocchiero, tarda a salire a bordo, per tanti
ostacoli, interni ed esterni al Movimento, mentre la nave, così, va alla
deriva. Lui dice che il “Movimento sta maturando”, ma se aspetta ancora un po’
raccoglierà il frutto troppo tardi, quando è già stramaturo, inconsistente e inservibile.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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