C'è o no una terapia efficace contro il Sars-Cov-2, oltre a stare chiusi in casa e lavarsi le mani?
Sollevare
ora un problema di questa portata, con una domanda che appare impertinente,
quasi provocatoria, sembra strano. E invece non lo è affatto, perché i più di120
mila morti hanno diritto ad una risposta. E perché anche noi abbiamo bisogno di
avere informazioni chiare e convincenti. Cosa che finora non è avvenuto. Anzi,
c’è stata molta confusione, troppa. Una rissa gigantesca e continua tra ottimisti
e pessimisti, guerriglia dialettica, con opinioni contrapposte, tra medici e
medici e tra politici e politici. Indecente. Mi ero già occupato, manifestando
le mie perplessità, sul fatto che alcuni professori, medici eccellenti, avessero
fatto delle applicazioni pratiche, e trovato, con risultati molto
incoraggianti, terapie efficaci per la cura del coronavirus, seppure su un
campione di pazienti comprensibilmente ristretto, ma senza poi avere alcuna
considerazione non dico dai media, ma nemmeno dalle autorità sanitarie che
avrebbero dovuto incoraggiare e sostenere queste interessanti ricerche. E,
invece, nulla. La cosa mi aveva molto stupito. E per questo, il 26 marzo, ho
scritto “Sars-Covid-2: perché gli insulti e non confrontare le opinioni altrui anche
quando sembrano deliranti?”. Perché la terapia credo sia non solo importante,
ma un passaggio decisivo per il superamento della pandemia. Ora ci sono i
vaccini, ma hanno una funzione prevalentemente preventiva e poi non si sa
quanto riusciranno a contenere la propagazione del virus, anche quando si
raggiungerà la fatidica immunità di gregge. Le stesse case farmaceutiche, che
li producono, non garantiscono una immunità perenne, né, tantomeno, una
“immunità sterile” al vaccinato che continuerà, quindi, a trasmettere il virus.
Ora, però, è successo qualcosa di incomprensibile che aggiunge sconcerto a
sconcerto. È successo che oltre mille medici di famiglia del Comitato Cura
Domiciliari Covid - 19, presieduto dall’avv. Erich Grimaldi, ha contestato le
linee guida del ministero della Salute e dell’Aifa che con nota del 9 dicembre
2020 indicavano quelli che dovevano essere i “principi di gestione dei casi
Covid-19 nel setting domiciliare”. Nei primi giorni di malattia solo la “vigile
attesa” e la somministrazione di fans e paracetamolo e dell’eparina ma solo per
gli allettati, ponendo indicazioni di non utilizzo di altri farmaci
generalmente usati dai medici di medicina generale per la cura del
Coronavirus”. Un “recinto” troppo stretto e troppo strano, per essere
accettato, supinamente, dai medici di famiglia. Che, infatti, hanno presentato
ricorso al Tar del Lazio, il quale ha accolto l’istanza ed ha sospeso, con
effetto immediato, la nota del 9 dicembre 2020, rimandando la trattazione del
merito al 20 luglio prossimo. I giudici hanno “ritenuto giusta la richiesta dei
medici di far valere il proprio diritto/dovere, avente giuridica rilevanza sia
in sede civile che penale, di prescrivere i farmaci che essi ritengono più
opportuni secondo scienza e coscienza” e che non può essere “compresso
nell’ottica di un’attesa, pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene
sotto profili diversi, per i medici stessi”. Dal canto suo l’avvocato Grimaldi
ha aggiunto: “Finalmente anche il Tribunale Amministrativo ha compreso che
lasciare i pazienti senza cure precoci a domicilio è assolutamente
inaccettabile”. A questo punto, logica e buonsenso, nonché rispetto per le
esperienze mediche territoriali, il fronte della sanità, avrebbero dovuto
consigliare un moderato cambio di passo. E invece no. Il ministero della Salute
e l’Aifa, sorprendendo un po’ tutti, hanno presentato ricorso al Consiglio di
Stato che, a sua volta, ha accolto l’istanza e rigettato l’ordinanza del Tar in
quanto “la nota dell’Aifa non pregiudica
l’autonomia dei medici nella prescrizione, in scienza e coscienza, della
terapia ritenuta più opportuna, laddove la sua sospensione fino alle definizione
del giudizio di merito determina, al contrario, il venir meno di linee guida,
fondate su evidenze scientifiche documentate in giudizio, tali da fornire un
ausilio (ancorché non vincolante) a tale spazio di autonomia prescrittiva”. Fin
qui, in estrema sintesi, le motivazioni del Consiglio di Stato. La questione è
che i medici di famiglia, in tutti questi mesi, hanno vissuto con tutti i loro
pazienti le vicende più tormentate di questa pandemia ed hanno accertato che si
possono evitare ricoveri in ospedali, o addirittura salvare vite umane, se si
interviene con una certa rapidità. Esattamente l’opposto della “vigile attesa”
che indica, invece, il ministero della Salute e l’Aifa. E con farmaci già disponibili
e in circolazione, escludendo antipiretici come la Tachipirina, sconsigliata
vivamente dai più, compreso il virologo Giulio Tarro. Come sia possibile
arrivare a conclusioni così distanti e diverse? Quali sono le “evidenze
scientifiche documentate” che hanno indotto i giudici del Consiglio di Stato a
ribaltare l’ordinanza del Tar, e confermare le linee guida ministeriali, che
dimostrerebbero il contrario di quello che invece sostengono i medici? Se un
medico aspetta troppo sa che il suo paziente può aggravarsi e perfino morire, ma
lo fa solo per la “vigile attesa”, la geniale idea ministeriale. Se, al contrario, agisce subito può salvare il
paziente, ma tradisce la “nota” del ministero. Il dilemma non è solo assurdo e
inconcepibile, è concepito da irresponsabili. E i ritardi, le contrapposizioni
e le contraddizioni, che hanno caratterizzato questo anno terribile, hanno
avuto, e hanno ancora, come immediate, pesanti conseguenze, decine di morti. Siamo,
infatti, il primo Paese, al mondo, per decessi ogni 100 mila abitanti.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
Commenti
Posta un commento