I partiti fano finta di litigare salvo quando si devono spartire il "bottino"
C’è voluto l’alt del
presidente della Repubblica Sergio Mattarella per fermare un altro tentativo da
parte dei partiti politici di aumentarsi ancora di più il finanziamento pubblico.
Ma non era stato abolito dal referendum? Sì, ma in Italia il gioco delle tre
carte non lo fanno solo sui banchetti a Napoli, lo fanno, e con maggiore
spregiudicatezza, soprattutto a Roma, nei palazzi che contano. Andiamo per
ordine. Una serie di leggi, dal 1985, prevedevano due forme di finanziamento:
un contributo statale per il funzionamento ordinario dei partiti e una
ulteriore forma di contributo a titolo di rimborso per le spese elettorali da
questi sostenute per le elezioni politiche, europee e regionali. Il 18 aprile
1993 i cittadini, partecipando in massa (77%) ad un referendum proposto dai
Radicali e dal comitato Segni hanno, a larghissima maggioranza (90,3%), chiesto
l’abolizione del finanziamento pubblico. E da allora, rimasto solo il rimborso
elettorale, i partiti, con continue modifiche, hanno fatto di tutto per
aumentare l’entità di tale finanziamento, chiamato rimborso. Non contenti,
hanno poi pensato all’aggiramento della volontà popolare di quel famoso referendum
e di quell’art.1 della Costituzione che dice (a chi?) che la “sovranità
appartiene al popolo”. Che, invece, non conta nulla. E così da una decina
d’anni è passato il famoso due per mille. I cittadini, nel fare la
dichiarazione dei redditi, possono scegliere di destinare il due per mille
dell’Irpef ai vari partiti politici. Si tratta di una scelta volontaria, ma, com’è
anche abbastanza evidente, di un chiaro ed evidente finanziamento dello Stato ai
partiti (quest’anno circa 25 milioni di euro) seppure in maniera indiretta, un
raggiro macroscopico nei confronti di quel popolo del referendum. Ma ora c’era
un emendamento al decreto Fisco, in discussione in questi giorni, con tutti
d’accordo, da destra a sinistra, passando per il centro, che non solo faceva
aumentare tale finanziamento a 40 milioni di euro, ma avrebbe fatto qualcosa di
più grave, da un lato si voleva ridurre il 2 x 1000 allo 0,2 x 1000, ma
dall’altro c’era che “in caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti,
la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse”. Insomma si volevano
prendere i soldi dallo Stato anche per i contribuenti che non avevano fatto
alcuna scelta. La solita intollerabile regoletta: ti chiedo di scegliere, se
scegli va bene, se non scegli, per noi politici, è la stessa identica cosa. Volevano
fare quello che fanno, in maniera abnorme e vergognosa, e senza che nessuno si
scandalizzi, ogni volta, nell’assegnazione dei seggi in tutte le assemblee
elettive. Se alla Camera, come è successo nelle ultime elezioni politiche del
28 settembre 2022, ci è andato a votare il 63,9%, dei 400 seggi si sarebbero
dovuti assegnare solo il 63,9 %, cioè 256 seggi, invece sono stati tutti
assegnati, come avviene sempre, come se a votare fosse andato il 100%. Così ci
sono 144 deputati (36,1%) non eletti da nessuno, a rappresentare, abusivamente
e in maniera illegittima, gli astenuti. Se voti bene, se non voti, per noi
politici, è la stessa identica cosa. La chiamano democrazia.
Fortunato
Vinci – www.lideliberale.com – Agenzia Stampa Italia
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