Solo sull'Agricoltura il peso della tutela dell'ambiente
Ormai
da qualche settimana gli agricoltori di mezza Europa, Italia compresa, sono in
sciopero e con i trattori stanno occupando le strade e le piazze per gridare la
loro indignata protesta per come viene (mal)trattato il settore. Hanno qualche ragione?
Vediamole. Gli agricoltori si lamentano per
i costi crescenti e i ricavi calanti, e la colpa la danno alla Ue, alle misure
del cosiddetto Green Deal, il piano per contrastare il mutamento climatico. E si
parte da un dato che, però, è fuorviante: l’agricoltura vale il 2 % del Pil
europeo, ma produce il 10 % del gas serra. Non è così. Per valutare il peso che
l’agricoltura dà al Pil di ogni Paese bisogna aggiungere l’indotto e
l’agroalimentare. In Italia senza le materie prime che produce l’agricoltura
bisognerebbe importare tutto dall’estero, la qualcosa sarebbe non solo difficile,
assurda, perché già dipendiamo - e si vedono ogni giorno le pesanti conseguenze
cui andiamo incontro - per il petrolio ed il gas. Se dovessimo essere
dipendenti anche per i beni dell’agricoltura sarebbe un Paese desertificato, senza
futuro. Non solo, le materie prime che arrivano dall’estero sono coltivate da
Paesi che non rispettano alcun regolamento, quindi con eccesso di sostanze
pericolose, già messe al bando, qui da noi e in tutta Europa, da molti anni. Questo
è il primo punto, la tutela della salute, peraltro un dovere della Repubblica imposto
dalla Costituzione. Un altro equivoco nasce dall’accusa di inquinamento, cioè
dal rilascio di anidride carbonica e di gas inquinanti. È vero, ma c’è una
sostanziale differenza con gli altri settori, come l’industria e il trasporto, che
inquinano e basta. L’agricoltura, al contrario, è l’unico settore in grado di assorbire
il carbonio che viene emesso dalle attività agricole; non solo, è in grado di assorbire
anche il CO2 emesso da altri settori inquinanti, in un business, già avviato
negli Stati Uniti, assai interessante per il settore e per l’ambiente, ma
ancora non compreso ed attivato in Europa. Tutto questo mentre si producono
beni che sono indispensabili per vivere, come tutta la filiera agroalimentare.
Che il settore più importante, fondamentale per la vita del pianeta, sia
assistito è, dovrebbe essere, del tutto scontato e normale. E, in parte, ciò
avviene con gli aiuti comunitari della Pac (Politica agricola comune). Ma ora
gli aiuti comunitari sono stati ridotti drasticamente per il 2023-2027, e
impongono agli agricoltori, per avere diritto agli aiuti, di rispettare regole
“ecologiche” rigide ed eccessive, di mantenere il 4% delle superfici a riposo, con
i costi crescenti del gasolio, e con la incredibile e inspiegabile riduzione
dei prezzi dei prodotti agricoli, poi venduti, nei negozi, con ricarichi
sproporzionati. Due esempi rendono l’idea: le arance all’agricoltore calabrese
vengono pagate 30 cent. e sugli scaffali dei supermercati sono a 3 euro e più.
Il prezzo del grano è di 20 euro il quintale, un chilo di pane, costa 7 fino
anche a più di 10 euro. Come sia possibile coltivare il grano, un bene di prima
necessità, a queste condizioni? Ecco perché gli agricoltori gridano “vogliamo
sopravvivere, vivere, esistere” e chiedono, urgente, un cambio nelle politiche
europee. Gli incontri di ieri a Bruxelles, per affrontare la questione, non
hanno soddisfatto gli agricoltori perché hanno ottenuto solo un rinvio, ciò
significa che il prossimo anno il problema si ripropone, come e peggio di
adesso. Intanto ci sono sugli aiuti all’agricoltura alcune critiche che bisogna
assolutamente denunciare perché intollerabili. Arrivano da alcuni giornalisti
che sui giornali e in Tv dicono che l’agricoltura è un settore assistito e gli
agricoltori, che protestano, sono dei privilegiati. Il fatto è che questi poveretti
sprovveduti scrivono sui giornali e parlano nelle televisioni, diventati autentici
carrozzoni pubblici, ultra assistiti, che senza gli aiuti dello Stato
dovrebbero chiudere il giorno dopo. Ma la
Repubblica, oggi, ha veramente superato ogni limite di pudore. Nell’editoriale
“I privilegi non sono eterni”, Andrea Bonanni ha scritto: “Essi (gli
agricoltori, ndr) incolpano di queste
difficoltà l’Europa fingendo di dimenticare che se non esistesse l’Europa che da
oltre mezzo secolo li sostiene e li finanzia con i soldi dei contribuenti,
probabilmente non esisterebbero neppure loro”. Incredibile leggere su un
giornale che è di proprietà degli Agnelli, che hanno avuto tantissimi soldi dei
contribuenti italiani per più di mezzo secolo per tenere in vita la Fiat, la
mantenuta d’Italia, e, ora, critica i “privilegi agli agricoltori”. E, poi, lo
stesso giornale, nella stessa prima pagina, nonostante il miliardo stanziato
dal governo italiano per incentivare gli acquisti delle automobili, riporta,
senza alcun imbarazzo e vergogna, l’ultima, l’ennesima richiesta - ultimatum di
Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis (l’erede della Fiat, con
sede legale ad Amsterdam e sede operativa principale a Hoofddrp, Paesi Bassi) “senza
incentivi impianti a rischio a Mirafiori e a Pomigliano”. Senza parole.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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