La Caporetto delle mezzecalzette, si ritorna a Sergio Mattarella

Che la classe politica attuale sia scadente era cosa, purtroppo, arcinota. Chi ha la pazienza di leggerci avrà visto che la penso così da molto tempo. Però, nonostante questo, sono rimasto sorpreso di quello che hanno avuto l’abilità di combinare in questa settimana. Un disastro. Anzi, di più: disastri seriali. Ma - mi chiedo - come si possa pensare di affidare, come delegato del centrodestra, il compito di trovare un accordo tra i vari partiti a Matteo Salvini? È cosa del tutto inspiegabile e incomprensibile. Il segretario della Lega ne ha combinate di tutti i colori, prima di questa settimana degli orrori. Il suo autogol più clamoroso fu - lo ricorderete, certo, tutti - quando aveva il massimo potere, come ministro e come vicepresidente del Consiglio, e pensò, nel 2019, in pieno agosto, senza alcuna ragione, di fare la crisi di governo, perché, secondo lui, bisognava andare a votare. Perse il governo con i 5 Stelle, ma Conte imbarcò il Pd, Iv e Leu e non si andò a votare. Già in quella occasione c’erano ad abundantiam i motivi per metterlo a fare qualche altra cosa. Ora, addirittura, pensare che potesse essere lui a fare le trattative per trovare il sostituto di Sergio Mattarella, è stata l’ennesima sopravvalutazione di un politico modesto e pasticcione. E così, ogni ora, invece di trovare prima un accordo con gli altri segretari, ha fatto, da primo della classe quale pensa di essere, una sfilza di nomi, di fatto bruciandoli: Nordio, Moratti, Cassese, Frattini, Amato, Cartabia, Severino, Casini, Belloni, fino al rogo, spettacolare e patetico, cui ha destinato, ieri, Maria Elisabetta Alberti Casellati, umiliata, non solo come persona ma come presidente del Senato, seconda carica dello Stato, non votata nemmeno dal centrodestra. Era fatale che si finisse un angolo cieco. L’unico candidato, dopo aver scartato in maniera veramente incomprensibile, anche Mario Draghi, è rimasto Sergio Mattarella. Già qualche settimana fa ho scritto che il presidente uscente non voleva, come aveva ripetuto un’infinità di volte, essere assolutamente rieletto, ma, certo, se avesse avuto una stragrande maggioranza di voti, nonostante l’appartamento già affittato a Roma, sarebbe stato costretto a rimanere al Quirinale. Ora, dopo sette votazioni andate a vuoto, tornare da Mattarella sembra, anche se si cerca di negarlo, una mossa di ripiego mentre c’è, altrettanto evidente, la resa incondizionata dei segretari dei partiti. Alla quale, però, dovrebbero seguire, per coerenza, le dimissioni di tutti i cosiddetti leader, con questa motivazione: per manifesta, ripetuta, documentata incapacità di governare. Al Colle, per pregare Sergio Mattarella a rimanere nella sua carica, sono saliti i capigruppo di tutti i partiti della maggioranza. E, quindi, questa sera, si spera nella fumata bianca. Con Mattarella al Colle dovrebbe rimanere anche Mario Draghi a palazzo Chigi. Con quale umore e con quale entusiasmo, si può immaginare, sapendo che quella maggioranza, ammesso che abbia retto al sisma di questa settimana allucinante, che non lo ha voluto al Quirinale, dovrebbe continuare a sostenerlo, almeno fino a marzo 2023, fine della legislatura. Un esercito allo sbando, disperato e incapace, si aggrappa, penosamente, a due ciambelle di salvataggio per rimanere a galla ancora un anno, solo per prendere i sostanziosi emolumenti parlamentari. Una tristezza infinita.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia  

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