Intreccio istituzionale, un voto con due obiettivi: Quirinale e palazzo Chigi

 

Partiti in ebollizione in questi primi giorni di votazioni per scegliere il successore di Sergio Mattarella. Questa volta l’elezione del capo dello Stato ha tante conseguenze, e in ballo tanti interessi, per cui la questione è diventata più complicata del solito. Scontate le schede bianche per le prime votazioni, da giovedì in poi, quando basterà la maggioranza assoluta, cioè 505 voti per l’elezione, si potrà pensare alla fumata bianca. Nel frattempo, chi è disposto al massimo sacrificio, potrà sorbirsi le maratone televisive nel delirio dei bla bla. Le difficoltà nascono dagli intrecci che la nomina al Colle porta con sé, con la vita del governo e la maggioranza che lo sostiene. Per questo non si può scegliere un capo dello Stato senza sapere o ipotizzare che cosa succederà a palazzo Chigi. I due palazzi non sono mai stati così vicini e collegati.  L’agitazione e la complessità delle trattative di questi giorni stanno in questo snodo istituzionale. Mario Draghi - è il caso di ricordarlo per l’ennesima volta -  è stato chiamato, circa un anno fa, da Sergio Mattarella a sopperire, in un momento di estrema emergenza, sanitaria, politica ed economica, alla totale inconcludenza e incapacità dei partiti a trovare una maggioranza. Il governo Draghi è stato, quindi, una costruzione precaria quirinalizia, anomala ed eterogenea voluta e imposta dal Colle. Mai vista prima. E la forza di Draghi, senza un partito, è venuta dal sostegno assoluto di Sergio Mattarella più che dalla larga maggioranza che ha messo le tende nella piazza di palazzo Chigi. Senza Mattarella non potrà essere la stessa cosa. Anche se Salvini, Letta, Conte, Renzi e tutti gli altri si dovessero impegnare a sostenere fino alle elezioni politiche del marzo 2023 l’attuale governo, non sono affatto affidabili. Almeno per due ragioni. La prima è che si tratta di una maggioranza fumosa, caratterizzata dalla perenne litigiosità, cosa peraltro anche comprensibile, trattandosi di partiti diversi e avversari, che non può durare e rischia la crisi ad ogni piè sospinto. E, soprattutto per Draghi, sarà ingestibile.  La seconda ragione è che dal prossimo mese comincerà, sperando che nel frattempo diminuiscano in maniera significativa i contagi con il Covid-19, anche la campagna elettorale. Il che vuol dire che ogni partito vorrà cercare di dimostrare ai propri, potenziali, possibili elettori, la bravura, l’affidabilità e le capacità nell’amministrare il Paese. Come si fa a dire che è lo stesso e che bisogna continuare? Mario Draghi si rende conto non solo delle difficoltà, anche della precarietà. Rimanere ancora un anno a palazzo Chigi senza il sostegno di Mattarella e per essere mandato a casa a marzo 2023, appena le politiche, è una prospettiva che Mario Draghi non potrà mai accettare. E allora, ribadisco come un disco rotto: o al Quirinale o, a casa, a Città della Pieve. Non sono un tifoso di Draghi, tifo solo per la Costituzione, ma in questi frangenti bisogna anche essere pragmatici. E, allora, mi chiedo: saremo in grado di gestire il Pnrr, con a disposizione circa duecento miliardi di euro senza una guida tecnica, seppure, lontana, dal Colle? Noi italiani che non siamo mai riusciti a utilizzare per intero i finanziamenti che venivano dalla Ue, senza quei vincoli che ci sono adesso con il Next Generation EU? Quale la soluzione? Mandare Draghi al Quirinale e trovare una persona qualificata per guidare il governo, più o meno lo stesso, fino alla fine della legislatura. Certo, lo so, Draghi non piace e non soddisfa i partiti perché è autorevole e non sarà disposto a farsi condizionare dalle mezzecalzette. Pazienza, a qualcosa, ogni tanto, bisogna pure rinunciare. E, poi, ho visto che qualche professore di spessore ha avallato la mia tesi, e cioè quella di smettere di dire che Mario Draghi è solo un tecnico e non un politico. Uno che ha maneggiato miliardi di euro nei rapporti con decide di Stati è un tecnico e non un politico, mentre è politico chi prima di entrare in Parlamento, vendeva bibite o raccoglieva pomodori. C’è un limite anche alle cose stupide e demenziali.  

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia       

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