La lezione dei giganti della politica di una volta ai lillipuziani di adesso
Il
Corriere della Sera, qualche giorno
fa, ha dedicato un’intera pagina ai
rapporti intercorsi tra due “acerrimi nemici” Enrico Belinguer, segretario del
Pci dal ’72 all’84, deputato per cinque legislature, e Giorgio Almirante,
deputato per dieci legislature, segretario del Msi dal ’48 al ’50 e dal ’69 all’87.
Due leader agli antipodi nell’arco costituzionale, da sinistra a destra. Con le
confidenze di Massimo Magliaro, braccio destro di Almirante, il giornale ha
ricordato i rapporti tra i due, giganti della politica, due uomini dello Stato,
che hanno fatto sempre prevalere l’interesse pubblico a quello dei singoli
partiti che rappresentavano, uno l’esatto opposto dell’altro. Eppure nelle loro
enormi diversità hanno sempre saputo mettere, quando serviva, al primo posto lo
Stato, prima del Partito Comunista, prima del Movimento Sociale. Il senso dello
Stato che manca invece del tutto adesso. Anche ai loro tempi c’era un nemico comune,
un nemico che cercava di dare l’assalto allo Stato democratico, con la violenza
non meno insidiosa di quanto non sia, adesso, il Covid-19, le Brigate Rosse. Con
incontri “clandestini” alla Camera dei Deputati, la sera, quando non c’era più
nessuno, da soli, sul divano, si confrontavano su come aiutare lo Stato a
combattere la violenza delle Brigate Rosse, che avevano raggiunto il culmine
della barbarie con il sequestrato e l’uccisione di Aldo Moro e gli uomini della
sua scorta. Loro due, che erano
all’opposizione, pensavano certo ai loro partiti ma nell’emergenza, quando lo
Stato rischia l’assedio dell’estremismo e dell’odio, c’è un solo obiettivo, che
deve prevalere su tutto, il Paese, l’Italia. Questo senso dello Stato, porta anche,
al senso del dovere e al rispetto reciproco, anche da avversari, antagonisti e
rivali. È stato raccontato anche quel
nobile gesto di Giorgio Almirante che, all’insaputa di tutti e rischiando, quasi
sfidando, le possibili contestazioni, addirittura il linciaggio, andò a rendere
omaggio alla bara di Enrico Berlinguer, durante i funerali, in mezzo ad una
folla immensa di comunisti “che si aprì - ha ricordato Magliaro - come fosse il
Mar Rosso davanti a Mosè”. E al microfono Almirante disse: “Non sono venuto per
farmi pubblicità, ma per salutare un uomo onesto”. Il saluto doveroso, che
merita l’avversario, galantuomo e leale. Atteggiamenti e termini completamente
in disuso ai giorni nostri. Lo stesso fecero, naturalmente, qualche tempo dopo,
Giancarlo Pajetta e Nilde Iotti, alla morte di Giorgio Almirante. È una pagina
molto bella di vita, di umanità, di nobiltà politica, una lezione per tutti. Ha fatto benissimo il quotidiano a ricordarla
con il dovuto rilievo. Lo ha fatto accostandolo, con qualche ardita analogia,
all’incontro avvenuto qualche giorno prima tra Enrico Letta, neo segretario del
Partito Democratico e Giorgia Meloni, segretario di Fratelli d’Italia. Giusto e
opportuno averlo fatto, bisogna aggiungere, però, che proprio la Meloni,
leggendo questi aneddoti, forse avrà maturato il dubbio di aver commesso
qualche errore in tutti questi ultimi mesi. Non mi riferisco al fatto di non
essere entrata in questa maggioranza. È una scelta non discutibile. Mi
riferisco, invece, all’atteggiamento eccessivamente di contestazione al governo
di Giuseppe Conte. Non che non avesse dovuto contestare le decisioni del
governo, certo che doveva farlo, ma non è possibile farlo con il Paese in
emergenza, boccheggiante, e farlo, poi, sempre con eccessiva acredine, sempre
sprezzante, sempre contraria, a prescindere. La questione riguarda e coinvolge
naturalmente anche Matteo Salvini e in qualche modo, e con qualche aggravante,
pure Matteo Renzi. Gli statisti si vedono in queste occasioni. Su questa lotta al
virus era evidente, e lo è tuttora, purtroppo, che nessuno sa con certezza come
si combatte, si va avanti a tentoni. E si rischia di sbagliare, come si faceva
prima di Draghi. E, infatti, quando la leader della destra, mostrando sorpresa,
dice che si continua a fare quello che si faceva prima, non si rende ancora
conto che tutti i medici dicono che bisogna evitare i contatti e i contagi, non
ci sono altre strade, non li conosceva Conte non li conosce, adesso, Draghi. E invece
di criticare, anche ora a prescindere, deve trovare, insieme a Draghi, la
soluzione per uscire dall’aggressione del virus come fecero Enrico Berlinguer e
Giorgio Almirante per proteggere l’Italia, e gli italiani, dall’aggressione
delle Brigate Rosse. Un Paese in ginocchio non ce la fa più non solo del lockdown,
non tollera più nemmeno le divisioni, le polemiche pretestuose, le liti e le
risse.
P.S. Buona
Pasqua a tutti gli amici, affezionati lettori.
Fortunato
Vinci - www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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