Al Sud più del Ponte sullo Stretto serve l'Alta Velocità
È tornato d’attualità l’interesse (di
alcuni politici) per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Si è
costituito, per la storica occasione, l’asse tra Italia viva (Renzi) e il
centrodestra (Salvini, Meloni, Berlusconi) per vedere come spendere parte delle
risorse del Next Generation Eu, e fare il collegamento tra la Calabria e la
Sicilia. Se ne parla dal 1971, quando si approvò la legge 1158, e da allora
sono stati spesi, con la società “Stretto di Messina”, e non solo, centinaia di
milioni di euro per idee, ricerche, progetti, pareri, consulenze, perizie.
Tutto per un’opera sostanzialmente inutile. Con questioni gravi e complesse al
seguito. Prima di tutto lo straordinario impatto ambientale paesaggistico, per
cui dieci associazioni ambientaliste hanno protestato e hanno chiesto al
ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini che il progetto non venga
inserito nel Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) del Recovery plan
che vedrà la luce, probabilmente, venerdì prossimo nel Consiglio dei ministri. Poi ci sono i rischi strettamente legati alla zona,
che ha un indice “1 a pericolosità sismica molto alta”. Basterebbero solo
questi due punti per chiudere qui, subito e definitivamente, il discorso. Facciamo, però, finta, per semplificare, che
questi due problemi, che pure non sarebbero dettagli, non esistano, vediamo il
resto. Deve essere prima di tutto un investimento, quel famoso “debito buono”
(perché di debito si tratta) di cui ha parlato Mario Draghi prima di arrivare a
palazzo Chigi. Deve quindi essere un investimento con una certa utilità. Una
utilità strutturale così come la intende l’Unione Europea a cui dobbiamo dare, peraltro,
convincenti spiegazioni. Tenendo anche, in debito conto, il rapporto costi
benefici. Il Ponte sullo Stretto di Messina dovrebbe favorire, accelerare,
ridurre i tempi di percorrenza, ai veicoli e ai treni, nell’attraversamento
dello Stretto che è poco più di tre chilometri, esattamente 3.150 metri.
Attualmente questo attraversamento avviene con le navi. Con i veicoli al
seguito, il tempo che si impiega per attraversarlo è di 25 minuti (minuti non
ore!). Per i treni ci vuole qualche minuto in più per le manovre di imbarco e
sbarco. Matteo Salvini, in televisione, ha raccontato a Myrta Merlino, che lo
ascoltava come se fosse l’oracolo, che con il Ponte, il treno da Roma a
Palermo, impiegherebbe cinque ore in meno, da 11 a 6 ore. Se ora ci vuole circa
mezzora, non si capisce come sia possibile ridurre il tempo del viaggio di 5
ore. È evidente che si tratti di un’enorme sciocchezza, che tutti possono
facilmente verificare, che, però, viene ripetuta, ossessivamente, come se fosse
vera. La verità, invece, è che alla
Calabria e alla Sicilia (e all’Italia) servirebbero, prima, politici di un altro
livello e, poi, una linea ferrata in grado di poter far viaggiare i treni ad
alta velocità, cosa che ora non è possibile. Oggi, l’Intercity, da Villa San
Giovanni a Salerno ci impiega 3 ore e 44 minuti (prezzo del biglietto 23,90
euro) mentre il Frecciarossa, treno ad alta velocità, per percorrere lo stesso
tragitto, ci impiega 3 ore e 22 minuti, (prezzo del biglietto 52.90 euro) vale a
dire 22 minuti in meno, ma non perché va più forte (non ci può andare) perché
rispetto all’Intercity fa dieci fermate in meno. Si capisce facilmente che l’Intercity
mantiene la stessa velocità del Frecciarossa. La differenza di prezzo si spiega
solo, forse, con una diversa comodità di viaggio. E, allora, quando si dice che
oggi la Calabria è meglio collegata perché arriva il Frecciarossa si dice il
falso e un’idiozia allo stesso tempo. Perché come si è visto nei tempi di
percorrenza dei treni, la velocità, da Villa San Giovanni a Salerno, e lo
stesso vale, ovviamente, per le tratte da Messina a Palermo e da Messina a Catania
e Siracusa, non dipende dai treni ma dalla strada ferrata, costruita un secolo
fa, adatta ai treni lumaca di quei tempi. Il Ponte non c’entra proprio nulla. Se
le cose stanno così, appaiono (apparentemente) inspiegabili le improvvise
fiammate di straordinario interesse per il Ponte da parte di alcuni politici.
Che cercano di giustificarlo con il fatto, come ha detto il rappresentante di
una delle società interessate al progetto, che i lavori per il Ponte
impiegherebbero 100 mila lavoratori. Ma per ristrutturare, e rifare in parte,
tutta la linea ferrata da Reggio Calabria a Salerno, circa 400 chilometri, e le
ferrovie siciliane, ci vorrebbero molte più ore di lavoro, peraltro per
strutture che favorirebbero veramente l’alta velocità dei treni e con opere che
si potrebbero finire regolarmente, almeno nella stragrande maggioranza, entro
il 2026, cioè nei tempi previsti per l’utilizzo dei fondi del Next Generation
Eu. Cosa che, invece, si capisce facilmente, non si potrebbe fare con il Ponte
sullo Stretto. Che, infatti, qualcuno ha anche immaginato di farlo a puntate,
come se fosse una fiction. Al Sud serve l’alta velocità, ma per questa il Ponte
non c’entra. Il Ponte serve, ma per altro.
Fortunato Vinci
– www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia
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