Tra il MoSE di Venezia e il ponte sullo stretto di Messina il confronto ardito e improponibile, sul Corriere, di Brunetta e Costa

 

Con un lungo articolo sul Corriere della Sera martedì, 19 agosto, Renato Brunetta e Paolo Costa si sono avventurati in un singolare, ardito confronto tra il MoSE di Venezia e il ponte sullo stretto di Messina. Due opere che non hanno quasi nulla in comune, ma che i due autori, hanno voluto accostarli perché sono diventati esperti di questo genere di strutture, in quanto hanno avuto “a che fare, a vario titolo, con un’altra grande opera: il sistema delle paratie mobili MoSE (modulo sperimentale elettromeccanico) che difende Venezia dal mare”. I due autori riconoscono che sono legittimi i dubbi e le perplessità per sicurezza, impatto ambientale, costi. E cominciano con la prima enorme e inquietante domanda: “Terrà la campata unica in un’area a rischio sismico?” E, per loro, è pressoché la stessa di quella che si è fatta, a suo tempo, per le paratie: “Terranno le cerniere delle barriere mobili contro la forza del mare?” Basterebbero queste domande, da sole, per dimostrare che le due opere non si possono assolutamente confrontare, perché sono diverse, completamente diverse le conseguenze, che sarebbero (state) certamente gravi per le paratie, se non avessero retto, e sarebbero rimaste lì ad arrugginire, naturalmente con conseguente spreco di miliardi, però senza morti e feriti. Se dovesse cadere il ponte di Messina per un terremoto, o per altre cause, avrebbe conseguenze immani, mai viste, devastanti per parte della Calabria e la Sicilia, una montagna di soldi bruciati, oltre a chissà quanti morti e feriti. Che confronto è? Ma i due affrontano anche il resto con disarmante superficialità e incontenibile fantasia. Intanto dicono che così “si può risolvere l’atavico (sic) vincolo della mancanza di continuità territoriale tra la Sicilia e il resto d’Italia, un limite che incide sui tempi e costi di trasporto di passeggeri e merci, paradossalmente più su scala regionale, nazionale e europea che su quella locale (sic)”. Ecco i miracolosi benefici. “Se nel 2032 un treno merci (i due non si sono accorti che non ci sono quasi più, n.d.r) attraverserà il ponte sullo Stretto di Messina in 15 minuti anziché in due-tre ore (l’orario ufficiale di Trenitalia indica in 70-75 minuti il tempo di attraversamento, n.d.r) e un camion in 20 minuti, anziché in 40-60 non avrà solo effetti sui collegamenti tra Reggio Calabria e Messina e viceversa, ma consentirà alle imprese siciliane di estendere – a sostanziale parità di costo di trasporto – le loro aree di mercato almeno a tutto il Mezzogiorno continentale”. Il ministro Matteo Salvini, padre putativo dell’opera, che in genere è preciso nelle sue cose, sostiene, nelle dichiarazioni rilasciate al Corriere, (riportate anche su: “Le bugie che sostengono le “torri” del ponte sullo stretto di Messina”) che ci vogliono, invece, 70-100 minuti, mentre l’orario fornito dalla compagnia dei traghetti Caronte & Tourist porta, come tempo di attraversamento previsto, 20/25 minuti, che è il tempo che si impiega realmente, già verificato più volte personalmente, per andare da Villa San Giovanni a Messina. Se si è senza auto, ci sono, con solo 2,5 euro (4,5 euro A/R) le navi veloci (Blu Jet) di Trenitalia che impiegano ancora meno. E, poi, come Salvini, anche Brunetta e Costa si sono dimenticati di dire che, persone e merci, arriveranno, con il ponte, a Torre Faro, che dista 15 chilometri da Messina. E si sono pure dimenticati un altro particolare, che non mi sembra affatto un dettaglio, e cioè che le ferrovie da Salerno a Reggio Calabria (400 chilometri) sono da rifare completamente e non solo per l’Alta velocità, mentre quelle siciliane sono addirittura in condizioni disastrose. E le condizioni delle strade in Calabria e Sicilia non sono migliori.  Allora - si chiedono ancora Brunetta e Costa - “è legittimo spendere 13,5 miliardi di euro per il ponte? È valsa la pena averne spesi 6,5 (arrotondati per eccesso da qualche ruberia, n.d.r.) per il MoSE?” Certamente sì, il MoSE, se funziona, serve ed è utile, del ponte se ne potrebbe fare a meno, anche se i due autori dicono che è ragionevole attendersi da questo intervento, “nel medio periodo, un aumento del pil congiunto di non meno di 20 miliardi di euro annui.” Ho molti dubbi anche su questi “miracoli” del ponte. È possibile raccontare, e voler far credere, che tutti i guai della Calabria e della Sicilia e di tutto il Mezzogiorno, che Dio solo sa quanti sono, derivino solo da questo “atavico” stretto? E fatto il ponte di dischiudono orizzonti di “agognata accelerazione della crescita che il Sud rincorre da anni”? Suvvia, popolo bue va bene, ma c’è anche un limite.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

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