Le bugie che sostengono le "torri" del ponte sullo stretto di Messina

 

Tutti i giornalisti appartenenti alla scuderia governativa (la cosiddetta libera stampa, finanziata con i soldi, e all’insaputa, dei cittadini) l’altro giorno hanno manifestato tutto il loro entusiasmo, con titoli trionfalistici, per il sì definitivo del Cipess al progetto del ponte sullo stretto di Messina, che sarà pronto entro il 2033. Incontenibile l’euforia di Matteo Salvini, il padre putativo del progetto (mentre il nonno putativo è stato Silvio Berlusconi), e di Giorgia Meloni giustificata dal fatto che così ci saranno, per il Sud, investimenti per 13,5 miliardi. Più 1,1 miliardi di opere complementari. Un’opera, dicono al contrario tutte le associazioni ambientaliste e le opposizioni, che è solo uno spreco enorme. Smarrite e sconvolte le mille persone che perderanno la casa.  La mia posizione è nettamente contraria, come ho già avuto modo di scrivere e di spiegare il perché (trovate gli articoli nel giornale online: www.lidealiberale.com). E ieri mi sono visto inserito d’ufficio, devo confessare con molto scorno, tra coloro che – come scrive un poveretto su Libero – “vorrebbero tornare all’era della pietra”.  Credo, invece, che ci siano ancora da rilevare alcune questioni importanti. La prima, di una gravità inaudita. Qualcuno, nei giorni scorsi, ha deciso, non si capisce con quale criterio e con quali deleghe, le penali in caso di recesso, quantificate, secondo quanto hanno riportato i giornali, in 1,5 miliardi di euro a favore del consorzio Eurolink, guidato da Webuildle, oltre agli indennizzi per spese sostenute e mancato guadagno. Una follia suicida. Che è la prima cosa che dovrebbero analizzare la Procura della Repubblica e la Corte dei Conti. Oltre all’immenso danno erariale, così si condiziona l’opinione pubblica che, rassegnata, sarà indotta a dire: visto che dobbiamo comunque pagare tutti questi soldi tanto vale fare il ponte. Le ultime riserve, sotto il profilo tecnico scientifico, sono del geologo Mario Tozzi, che trovate su Instagram. Poi ci sono i falsi clamorosi, evidenti, macroscopici, inventati e moltiplicati all’infinito sui tempi di viaggio. Ecco quello che dice Matteo Salvini, vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, virgolettato dal Corriere della Sera “per i treni che oggi impiegano tra i 120 e i 180 minuti per l’attraversamento con traghetto i tempi si ridurranno a soli 15 minuti, con un risparmio di oltre due ore e mezza”, mentre per le automobili “il tempo medio di attraversamento passerà dagli attuali 70-100 minuti ad appena 10 minuti”. Ormai da anni, Matteo Salvini continua a dire questo, ma le cose non stanno così. I tempi di attraversamento dello stretto, Villa S. Giovanni-Messina, con il cronometro in mano (esperimento peraltro abbastanza facile, fatto personalmente decine di volte) e secondo gli orari della compagnia di traghetti Caronte & Tourist sono questi: le navi con i mezzi leggeri e pesanti (spesso sono caricati sulle stesse navi, ridicola pure la riduzione di tempi diversi) impiegano 20/25 minuti. Le navi con i treni (secondo l’orario ufficiale di Trenitalia, che dipende dal ministero dei Trasporti di cui Salvini è il ministro) 1h e 10 minuti, come, per esempio, l’InterCity 723 (dalle 14,25 alle 15,35); l’InterCity 727 delle 18,20, che arriva alle 19,35, impiega, invece, 1h e 15 minuti. Aumentare, inventandosi una durata dell’attraversamento il doppio per i treni e fino a 5 (cinque!) volte di più per le auto, non è un errore banale, un dettaglio insignificante come potrebbe all’apparenza sembrare. È la base del progetto che si basa su questo principale obiettivo: ridurre drasticamente i tempi per l’attraversamento. Se si “scopre” che ci vuole così poco, se l’opinione pubblica viene a sapere che si sprecano così tanti miliardi per un’opera che è del tutto inutile quando mancano i soldi per la sanità, la rete stradale, scuole, acquedotti, ferrovie, è difficile che possa fare salti di gioia come, in questi giorni, sta facendo, Matteo Salvini, senza che si capisca il perché. C’è pure da far notare che con il ponte, i tempi per arrivare a Messina, non sono, neanche questi, come dice il ministro. Si allungano, perché sia le persone che gli automezzi arriveranno a Torre Faro che dista, anche se faranno l’autostrada e la metropolitana, 15 chilometri da Messina. Sostenere che si fa il ponte perché ci vuole molto tempo per l’attraversamento dello stretto e con il ponte si arriverà molto prima a Messina è una delle più grosse, evidenti, intollerabili bugie.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

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