Opinioni a confronto o cervelli all'ammasso? Sulla guerra e dintorni

 

Sfogliando i giornali, o guardando la tv, si rimane con le idee sempre più confuse. Non solo, si ha l’impressione che, a volte, anzi sempre più spesso, più che di ragionamenti si tratti di posizioni scaturite da cervelli portati all’ammasso. Perché nella stragrande maggioranza dei casi si prescinde dai fatti, dai dati certi e assodati e si lascia campo libero alla fantasia e all’immaginazione o, peggio ancora, all’ideologia. È vero che ognuno è libero di dire la sua, ma, qualche volta, avventurarsi su sentieri sconosciuti è rischioso, senza l’umiltà di rendersi conto che ci vorrebbe, almeno, un minimo di conoscenze. E, invece, succede che, siccome ognuno ha libertà di parola, pensa di avere anche la libertà di dire sciocchezze. Non solo sui media, ma anche nei palazzi delle istituzioni, comportandosi di conseguenza. Si cominciò, al bar, con il calcio. In Italia siamo considerati tutti esperti di calcio; di più, tutti siamo in grado non solo di guidare una squadra parrocchiale ma anche di fare il commissario tecnico della nazionale. E il guaio è che, ora, questa popolare e diffusa convinzione, si è fortemente potenziata e radicata dopo che per ben due volte i veri c.t., strapagati, non sono stati in grado di portare gli Azzurri ai Mondiali. Noi, d’altronde, non avremmo potuto fare peggio di quello che hanno fatto, prima Giampiero Ventura e, ora, Roberto Mancini. Dal calcio, poi, si è passati, con il sostegno dei social, e con estrema facilità, a tutto il genere umano. Qualche giorno fa, alle terme, mi è capitato di assistere alla scena surreale di una dottoressa, primario in un ospedale delle Marche, che, dopo aver provato garbatamente, e inutilmente, a ribattere alle infinite sciocchezze di un appuntato in pensione, che intendeva tenere una lectio magistralis di medicina, è stata costretta a cambiare vasca. Nei talk show non va meglio. Con gli strateghi da salotto che hanno preso le poltrone lasciate libere dai virologi. Dopo più di un mese dall’invasione dell’Ucraina è intollerabile, e non si può rimanere insensibili davanti a quelle immagini di devastazione e di morte, sentire, nei dibattiti degli intellettuali i comportamenti da tenere. Quando dicono di essere equidistanti nella guerra in Ucraina, parlano come se si trattasse di due Paesi in guerra, invece si tratta - questo almeno credo sia cosa certa e condivisa - che il dittatore Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina con i carri armati, e la sta distruggendo, un Paese che ha scelto la libertà e democrazia e non vuole accettare la dittatura russa. E lo ha fatto con le stesse motivazioni del lupo con l’agnello nella mitica favola di Fedro, senza un appiglio per giustificare l’aggressione e la guerra. E gli ucraini, che tengono a quei valori, stanno cercando di difendersi con estremo, straordinario eroismo. Che altro avrebbero dovuto e potuto fare? Arrendersi, per essere soggiogati alla dittatura comunista di Putin? Ma sono molti che, però, sostengono che la pace si può ottenere solo con la trattativa e la diplomazia.  In una situazione complessa come questa bisogna essere seri e pragmatici. E quando si dice che sia necessario trattare, si può fare, certo, ma se lo vogliono fare le due parti in causa, non se lo dicono gli altri. Se una parte è sorda, perché non intende trattare, non si capisce come si faccia a dialogare. Ma è sorda perché gli obiettivi sono altri, non solo occupare l’Ucraina, ma proseguire nella irrefrenabile sete di imperialismo e potere. “Gelo di Mosca sulla tregua”. È il titolo del Corriere sull’ultimo tentativo di mediazione, seppure s’intravedono, secondo il Cremlino, “piccoli passi in avanti”. E allora che fare? Prima di ricorrere alle armi, è stato molto più saggio, naturalmente, mettere le sanzioni, come è già stato fatto. A qualcuno, però, nemmeno questo va bene, e ha subito rilevato che non servono a niente, e che saremo tutti penalizzati, soprattutto noi italiani. Sono bombe atomiche finanziarie invece, e non è vero che non servono a nulla, servono eccome, non lo penso solo io, ma lo ha confermato “le sanzioni funzionano” il presidente Mario Draghi, durante la conferenza stampa di oggi con i giornalisti stranieri, dopo una lunga telefonata con Vladimir Putin, solo che ci vorrà, naturalmente, un po’ di tempo. Infatti il presidente russo, in grandissima difficoltà, sta cercando di reagire in qualche modo, come la pretesa che il petrolio e il gas, ai russi, siano pagati in rubli, per far risalire il valore di una moneta deprezzata, che non vale quasi più niente. È vero, invece, che ci saranno delle ripercussioni nei Paesi occidentali, compresa l’Italia. Questo perché la Russia ci può ricattare con le forniture di gas e petrolio. È sempre bene ricordare le pesanti responsabilità delle mezzecalzette che ci hanno governato e che hanno fatto di tutto per renderci dipendenti dalla Russia. Non può essere stata solo incapacità, ci saranno stati squallidi e volgari interessi economici. Così che abbiamo (volutamente) trascurato altri fornitori e, soprattutto, abbiamo trascurato di sfruttare i giacimenti che pure ci sono nel nostro Paese. Ora stiamo cercando di rimediare, ma, com’è ovvio, ci vorrà del tempo. Succede, intanto, e non siamo così ingenui da non vedere e non capire, che ci sono Paesi che stanno cercando di approfittare di questo conflitto per ottenere straordinari vantaggi economici. E più dura la guerra e più ci guadagnano. Si ha l’impressione, addirittura, che Vladimir Putin stia facendo gli interessi degli Stati Uniti e della Cina. Che non si renda conto, al di là dei tanti morti che sta provocando l’invasione, che i danni economici li subirà, e per sempre, più di tutti, il popolo russo. Se l’Europa, come sta già facendo, sarà costretta a rifornirsi altrove di gas e petrolio, rinunciando così alle forniture della Russia, cosa sarà dell’economia sovietica dopo la fine della guerra? Come farà senza i miliardi di dollari che arrivano per queste forniture? Domande che cadono nel vuoto, cui nessuno è in grado di rispondere e che qualcuno dovrebbe fare proprio a Putin. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa. E cosa ne pensano i russi. Purtroppo non lo possono dire. Ieri sera in tv si parlava dei sondaggi in Russia, dove l’80% della popolazione sarebbe favorevole a Vladimir Putin. Ma come si fa a discutere del nulla? Come si fa a non capire che sono sondaggi senza alcun valore? In un Paese in cui il dittatore fa arrestare tutti i dissidenti e fa condannare a 15 anni di carcere chi usa la parola “guerra” come si fa a prendere in considerazione i sondaggi? Poi c’è la questione, pericolosa, delle armi. È rischioso fornirle agli ucraini perché si difendano o è meglio evitare per non rischiare di scatenare la terza guerra mondiale? Putin punta molto su questa incertezza ricorrente, che molti usano per non fare scelte e prendere decisioni. Lo zar russo, naturalmente, ne approfitta, minaccia, terrorizza, e fa dire che “in 30 secondi addio Varsavia”. Certo, in teoria potrebbe anche essere vero, ma è altrettanto vero che in 30 secondi si può anche dire addio a Mosca. È bene che qualcuno, alla fine, lo dica, a voce alta. A brigante, brigante e mezzo, diceva l’indimenticabile Sandro Pertini. Espressioni terribili, s’intende, che sarebbe meglio non solo non usare, nemmeno pensare. Ma come si fa, davanti a tanta tracotanza e violenza? Perché non sarebbe la guerra nucleare, sarebbe la distruzione del pianeta e dell’umanità. Ma come sia concepibile fare ipotesi così terribili e terrificanti non si riesce proprio a capirlo. Allora, come si possono aiutare gli ucraini, oltre a mandare aiuti di ogni genere, e anche armi per difendersi? È evidente che senza questo genere di resistenza ci sarebbe stata la resa incondizionata, che significava l’annessione dell’Ucraina alla Russia. Quello che voleva Putin. Ora, quando, finalmente, s’incontreranno Putin e Zelenskyj, lo faranno con pari dignità per trattare e trovare un accordo. Tutta un’altra cosa - mi pare abbastanza evidente - rispetto alla resa incondizionata. L’Italia è così, libera e democratica, perché, a suo tempo, i patrioti non si arresero e, con eroismo, e con tantissimi morti, scacciarono il nemico invasore. Così c’è scritto nei libri di storia. Sarebbe bene ricordarlo, ogni tanto. Gli ucraini sono un popolo che sta dimostrando, oltre a un coraggio straordinario e uno smisurato eroismo, anche un grandissimo senso della patria. Una sorpresa per il mondo intero, ma credo che il più sorpreso sia rimasto proprio Putin, e i suoi consiglieri, che pensavano che bastasse una parata di carri armati per terrorizzare Volodymyr Zelenskyj e il suo popolo. Ora lo Zar è in difficoltà, la guerra, comunque finirà, sarà per lui una pesantissima sconfitta, in tutti i campi, da qualsiasi punto di vista. E con un processo incombente per tutti i crimini di guerra che ha commesso. Messo alle strette, con il clamoroso fallimento militare sotto gli occhi di tutti, chiuso nel suo bunker, Putin sembra essere un uomo disperato che cerca una ciambella, come può essere un accordo, apparentemente onorevole, per uscire dall’inferno che ha provocato.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

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