Azzurri fuori dai Mondiali, una sconfitta che viene da lontano. I danni procurati dal decreto "Crescita"

 

È sgradevole precipitarsi, dopo una sconfitta dalle conseguenze così pesanti, in polemiche o, peggio ancora, in processi, tuttavia credo sia opportuno pensare e fare qualche riflessione, non fosse altro per cercare, guardando al futuro, di evitare i tanti errori commessi. Certamente la sconfitta dell’Italia, a Palermo, contro la Macedonia del Nord (numero 67 del ranking) è grave e non si può negare. Non solo perché c’è stato un danno di 100 milioni, piuttosto perché è svanito nel nulla l’entusiasmo dei tifosi italiani, moderatamente speranzosi dopo l’Europeo. Essere fuori dai campionati Mondiali, per due edizioni di seguito, è davvero qualcosa di incredibile. È vero che c’è stato un declino del calcio in Italia, come subito qualcuno ha fatto osservare, ma non riuscire a fare un gol prima all’Irlanda del Nord, che schierava calciatori di seconda e terza serie inglese, e, dopo, alla Macedonia del Nord è qualcosa di impensabile, anche per una squadra di serie C; e il declino, vero o presunto, c’entra relativamente con questi risultati e la conseguente, clamorosa, eliminazione. Ma questa squadra, potrebbe ribattere qualcuno, aveva vinto, appena qualche mese fa, l’Europeo. Anche questo, in verità, è suscettibile di qualche doverosa precisazione; sì, è vero, ma superando l’Austria, dopo i supplementari, e la Spagna e la finale con l’Inghilterra con i calci di rigore. Certo, ci vuole bravura nel parare, e tirare, i calci di rigore, tuttavia è evidente che siano state partite sul filo di un sostanziale equilibrio, finite con situazioni in cui c’è presente, e si aggiunge fatalmente, una componente, chiamata garbatamente fortuna, che ti dà un aiuto provvidenziale, al di là, a volte, dei meriti tecnici mostrati durante la partita. Ciò non vuol dire che l’Europeo non sia stato meritato, ma conquistato - si può dire? - con un po’ di fortuna. Premesso questo ci sono da aggiungere, per quanto riguarda la gara di Palermo, alcune osservazioni. La prima riguarda le scelte di Roberto Mancini che ha, forse giustamente, più dal punto di vista umano che tecnico e tattico, chiamato gli “eroi” dell’Europeo, a prescindere dalle condizioni di forma, Donnarumma e Barella per esempio. E non si è reso conto, se non quando era molto tardi, che i due esterni d’attacco, Insigne e Berardi, schierati sulle fasce per fare le ali, non facevano le ali, perché tali non sono. Istintivamente, allora, convergevano al centro, seguiti dai loro rispettivi avversari, così facendo hanno intasato l’area dei macedoni che, in questo modo, sono sempre riusciti, senza soffrire più di tanto, a ribattere in angolo, 16 alla fine i tiri dalla bandierina. Senza spazi e con l’intesa, che è comunque sempre estemporanea, cosa quasi scontata con sei giocatori, a centrocampo e in attacco, di sei squadre diverse che giocano anche in campionati diversi. Pure la bravura dei singoli (Verratti e Jorginho, nell’occasione) è finita, spenta e inutile, tra la selva di gambe. Non è un caso che su 32 tiri solo 5 sono finiti nello specchio della porta. Ciò nonostante, non sono mancate le occasioni, clamorosa quella concessa, alla mezz’ora del primo tempo, dal portiere Dimitrievski a Berardi, il quale, con la porta spalancata, forse per paura di sbagliare, ha toccato di piatto, debole, così che il portiere è riuscito a recuperare. Questa è stata la più clamorosa, poi ci sono state altre occasioni, sprecate malamente. E il gol di Trajkoski, sui titoli di coda, ha fatto il resto. Ora gli Azzurri giocheranno, con una formazione nuova, senza infortunati e rinunciatari, martedì prossimo, a Konya, in Turchia, la più scialba e surreale partita della storia del calcio, con la Turchia per “acquisire punti” nel ranking. Sembra la raccolta punti con la carta Coop. Ma, come accennato nel titolo, le difficoltà della Nazionale nascono anche dal fatto che il campionato offre poche alternative al c.t. e la mancanza dei ricambi impone, spesso, scelte pressoché obbligate.  I giovani sono distratti e interessati a tante altre cose e poco al calcio. E quelli con le doti, che pure ci sono, e che potrebbero fare carriera, sono fortemente ostacolati dagli stranieri. Ormai quanti sono in ogni squadra gli stranieri? Così, d’acchito, sembrano la maggioranza. A favorire questa situazione ha contribuito una sciagurata legge, il cosiddetto decreto “Crescita” concepito per favorire il ritorno degli italiani, che erano andati via dal nostro Paese, e che poi è stata generalizzata, ed estesa, incredibilmente, a tutti, tanto che i calciatori stranieri, che arrivano in Italia, hanno un’agevolazione fiscale, con l’Irpef al 50%, per cinque anni. Così discriminando - e siamo al massimo dell’assurdo - i calciatori italiani, come ho scritto nell’articolo del settembre 2021: “Le agevolazioni fiscali ai giocatori stranieri sono discriminatorie e danneggiano l’erario e lo sport”. Ma i parlamentari quando votano le leggi hanno contezza di quello che approvano? E, soprattutto, sanno le conseguenze che provocano? Sembra proprio di no.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

Commenti