La trattativa tra la Russia e l'Ucraina con la pistola alla tempia di Volodymyr Zelensky

 

Mentre scriviamo dovrebbero essere ricominciate le faticose trattative tra la delegazione della Russia e l’Ucraina. Nella speranza che si possa arrivare ad una soluzione che non può che essere, in questo allucinante contesto, uno squallido compromesso che l’Ucraina sarà costretta ad accettare sotto l’avanzare dei carri armati, mandati dalla follia imperialista di Vladimir Putin, ma qualunque sarà il risultato il dittatore russo uscirà comunque sconfitto. Da qualsiasi punto di vista, da quello militare, politico, economico. In questa sconfitta ci sono, intanto, però, migliaia di morti, si tratta di crimini di guerra per i quali Putin andrebbe giudicato. Perché, tra l’altro, non c’è alcuna giustificazione per quello che sta facendo, nonostante che anche qui da noi ci siano quelli che cercano di giustificarlo. E sui giornali ed in televisione chiamano, a dare lezione dai salotti, pure vecchi bolscevichi che il modello russo lo hanno sempre lodato e proposto pure per noi, in Italia. Assurdo. Ma ormai è così, siamo un popolo che dobbiamo per forza dividerci, qualsiasi cosa accada, e c’è sempre qualcuno che pensa di saperne di più, e diventa, a sua insaputa, esperto e personaggio televisivo. Qualsiasi idiozia dica, l’importante è che sia in contrasto con quanto sostiene la maggioranza. Eppure le contraddizioni di Putin sono gigantesche, macroscopicamente evidenti; quando dice che “russi e ucraini sono lo stesso popolo”, vuol dire, se è vero quello che dice, che sta bombardando e facendo stragi del suo stesso popolo. E se è lo stesso popolo è, però, un popolo che ha scelto la libertà e la democrazia al totalitarismo russo di Putin. Perché vuole imporre, con la forza, la dittatura ad un popolo che ha scelto di vivere in libertà? E quando concede, bontà sua, la tregua e i corridoi umanitari, per qualche ora, come ha comunicato il ministero della difesa russo questa mattina, piuttosto che un segnale positivo c’è il rischio che sia, invece, l’esatto contrario. Putin vuole che la popolazione civile vada via da Mariupol e Volnovakha per poter dire, poi, che sono stati uccisi solo “combattenti”. Una tragedia. È stata però molto importante e significativa la grande mobilitazione mondiale alla decisione di Putin. E invece dei missili atomici veri si è pensato, molto saggiamente, di lanciare quelli finanziari, le sanzioni messe subito in campo, che stanno mettendo in grossa difficoltà il popolo russo. E, in parte, naturalmente, il resto del mondo. Il rublo, la moneta russa che non vuole più nessuno, svalutata del 27% in pochissimi giorni, la Borsa chiusa, le banche bloccate così come i tesori nelle banche estere degli oligarchi di cui si è circondato lo zar. Sequestrati, a loro, pure ville e beni di lusso in Italia.  E se ci sono altre possibili misure da mettere in campo, come ha detto ieri la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leye, devono essere applicate prima possibile, senza altri, ulteriori indugi. Sperando che con questi colpi, a destituire Putin, senza altro spargimento di sangue - ed è quello che spera l’Occidente - siano gli stessi russi, i suoi sostenitori. “Tutto iniziò - ha ricordato sul Corriere della Sera lo scrittore Jonathan Litell - nel 1999 con la Cecenia quando un tale Putin, sconosciuto, venne nominato primo ministro, poi toccò a Georgia, Crimea, Siria. L’Ucraina rappresenta il momento in cui lo zar ha scoperto tutte le sue carte. Putin aveva visto che ogni qualvolta si spingeva oltre, l’Occidente si piegava e poi si ripresentava, ossequioso e servile, con la speranza di siglare un “accordo” con lui. Ora, finalmente, le democrazie occidentali sembrano aver compreso la minaccia esistenziale che rappresenta”. Questo passaggio storico, purtroppo, è sfuggito a qualche pacifista di casa nostra. Anche perché, aggiungo io, l’ambizione smisurata di Putin potrebbero prevedere altre invasioni e altre guerre. Come la Moldavia, per esempio. Del resto l’invasione dell’Ucraina è, nell’agenda di Putin, da otto anni, da quando conquistò la Crimea, ora ha pensato che fosse giunto il momento di agire. E per gli occidentali è arrivato il momento di fermarlo. La risoluzione di condanna dell’invasione russa, votata dall’Onu con 141 voti favorevoli, 35 astenuti e soli 5 contrari, la stessa Russia, la Corea, la Bielorussia, l’Eritrea e la Siria, conferma un isolamento mondiale che mortifica, danneggia, penalizza prima di tutto il popolo russo. La resistenza patriottica degli ucraini, che stanno rispondendo con coraggio alla vigliacca invasione, sta facendo il resto, sta dimostrando l’incapacità di un dittatore che non ha strategie politiche e pensa di poter risolvere i suoi problemi, interni ed esterni, con la forza e le aggressioni. Gli sviluppi di questa ferocia sono al momento, non valutabili, la presa della centrale nucleare che fornisce il 25% dell’energia elettrica in tutto il Paese è un obiettivo certamente importante e preoccupante. Basta un errore per una catastrofe. E c’è pure qualcuno, davanti alla ferocia di tale belva umana, le immagini delle distruzioni e i morti, che s’inventa i distinguo. Non riuscendo a capire che proprio su queste incertezze e su questi distinguo i dittatori hanno sempre contato per realizzare le loro inconcepibili mire espansionistiche distruttive. Non è quella di oggi una novità, tutto questo è già scritto nei tanti libri di storia. Bisognerebbe leggerle quelle pagine, qualche volta.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia        

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