Truffe, corruzioni, evasioni fiscale, i mali che affondano il Paese
Ogni
giorno i quotidiani, e le televisioni, raccontano di truffe, corruzioni,
evasioni fiscali, miliardi di euro sottratti, con facilità disarmante, dalle
casse dello Stato ai cittadini onesti. E il Paese ascolta senza reagire,
nessuno più si scandalizza di nulla, rassegnato al peggio. Come se fosse questo
il solo modo per vivere, anzi per sopravvivere. Non ne conoscono altri i
politici, mandati nelle istituzioni per governare. E invece sono proprio loro
che creano i presupposti, qualcuno in buona fede ma molti in mala fede, perché
tutto sia possibile a danno di quella minoranza di onesti che sopporta tutto il
peso dello Stato, appesantito dagli imbrogli di questi eserciti di disonesti. Voglio
sperare che qualcuno, quando vede quanto paga per i tributi e poi legge che
parte di quei soldi, che gli sono costati tanti sacrifici, siano finiti nei
conti correnti di questi delinquenti abbia almeno un gesto di stizza, di
rabbia, di voglia di ribellione. Poi, accende la tv e vede il sodale del
delinquente, immancabile ospite nello studio televisivo, che assolve il compare
con un irritante e magnanimo “sono certo che saprà dimostrare la sua
innocenza”. Citando, quando vuole fare pure l’intellettuale, l’art.27 della Costituzione,
“l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Che,
visti i tempi biblici della magistratura, mantenuti volutamente così tanto
lunghi affinché la sentenza definitiva, dopo tre gradi di giudizio, non arriva
mai o, se dovesse arrivare, solo quando sarà tutto prescritto. E si ricomincia con il prossimo imbroglio, così,
all’infinito. Ma perché tutto questo può
avvenire? Perché avviene con tanta frequenza e facilità? Semplice, perché la
truffa, la corruzione, l’evasione fiscale, nel nostro ordinamento, sono reati che
esistono solo sulla carta, e sulla carta sono, soprattutto, pure le pene.
Perché le leggi sono fatte, volutamente, in maniera tale da non preoccupare chi
commette reati di questo genere. Penso che nessuno, in Italia, abbia mai
espiato, per intero, la pena cui è stato condannato per truffa, corruzione o
evasione fiscale. Nessuno. A meno che espiare la pena non significhi andare,
due volte la settimana, a fare visita, per qualche ora, ai vecchietti di un
ospizio. È la cosiddetta, ridicola, misura alternativa alla detenzione, con funzione
rieducativa al fine di favorire il reinserimento sociale del condannato. Con
questi arnesi spuntati è facile immaginare la pacchia che sta per cominciare
con i fondi miliardari europei del Pnrr (Piano di ripresa e resilienza). Avranno
già brindato.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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