Le due squadre di Alvini e la porta, socchiusa, dei play off
È
una bizzarra condizione quella di poter disporre di due squadre, o, se
preferite, di una squadra con due versioni completamente diverse. È il
privilegio, o il problema, di Massimiliano Alvini, l’allenatore del Perugia.
Dirige un’orchestra che quando si esibisce in casa poche volte sa leggere bene la
partitura imposta dal tecnico. In trasferta, invece, è stata sempre in grado,
se si tolgono le stonature di Como, di uscire tra i consensi e gli elogi.
L’ultima, incredibile metamorfosi, è avvenuta tra la prestazione, e la
sconfitta, imbarazzante, al “Curi”, contro il Pordenone, ultima in classifica,
con il peggiore attacco e la peggiore difesa, e la trasferta ad Ascoli, al “Del
Duca”, sabato scorso. Dove l’ensemble biancorossa ha tenuto un concerto da
applausi, meritando la vittoria e i tre punti che fanno classifica e lasciano
la porta, socchiusa, dei play off. Ed
era - questa è la cosa più sorprendente
- la quasi stessa squadra, se si fa eccezione per Santoro al posto di Burrai e
Falzerano a sostituire Ferrarini. Avendo tre nuovi calciatori, appena arrivati
dal mercato invernale, penso che nessun allenatore, dopo quell’ inguardabile
show contro i friulani, avrebbe affrontato la trasferta nelle Marche con la
stessa squadra, ma Alvini non ha avuto dubbi e incertezze (o forse ce l’ha
avuti, chissà) ed è andato per la sua strada, correndo molti rischi. Pensate
che cosa sarebbe successo se i grifoni avessero perso, giocando male come
contro il Pordenone. La critica più garbata sarebbe stata: che incapace questo
allenatore, aveva a disposizione tre nuovi giocatori e li ha lasciati in
panchina, ma, allora, perché li ha fatti comprare? Ad Ascoli oltre all’accorgimento
tattico, pure geniale, come la mossa di far marcare Maistro, l’ispiratore del
gioco dell’undici di Sottil, con Segre, togliendo così la fonte del gioco dei
padroni di casa, c’è stato qualcosa di importante per far cambiare
completamente il volto, e il rendimento, a questa squadra. Perché è stato tutto
diverso: l’approccio, la determinazione, la forza fisica, l’estro, il gioco. Ci
sono stati molti più tiri in porta, e questa è una novità assoluta. È
presumibile pensare, allora, che tutto ciò sia successo perché Alvini è stato
bravo a motivare i giocatori, a pungolare e stimolare l’orgoglio per ottenere
una reazione dei singoli e della squadra nel complesso. Tanto che i bianconeri,
padroni di casa, sono rimasti sorpresi, smarriti, paralizzati dal gioco
spumeggiante, manovriero, anche superiore nei ritmi, e nel confronto fisico, dei
grifoni. Dal suo podio, che è l’area tecnica, Massimiliano Alvini non si è
fermato un attimo, sbracciandosi, a dettare i tempi, per imporre le tonalità, i
ritmi, la lettura corretta dello spartito, al complesso biancorosso. Se però è
vero che ad Ascoli ci siano stati l’orgoglio, le motivazioni, la riscossa, il
riscatto, è altrettanto vero che non si può dire che, in casa, vengano meno le
motivazioni, peraltro davanti a propri tifosi, e, allora, ci deve essere
qualcosa di strutturale che giustifica e spiega, sotto il profilo tecnico-tattico,
le performance. Si tratta, probabilmente, dal fatto che in casa la squadra, nel
tentativo di proporsi con maggiore frequenza in attacco, per segnare, smarrisca
gli equilibri tattici, le distanze tra i reparti, e si trovi spesso sbilanciata,
per cui soffre l’avversario, a prescindere dalla caratura, lascia troppi spazi
scoperti dove si inseriscono, con estrema facilità, i giocatori rivali. Tutto
questo mentre la difficoltà di fare gol, di raccogliere quanto si è seminato, di
chiudere subito la gara, crea nervosismo, sfiducia, e, nel contempo, fa crescere
negli avversari l’autostima e la speranza, così che moltiplicano gli sforzi,
nella convinzione di poter uscire dal “Curi” con un risultato positivo. E, in
questo modo, si soffre, e con risultati, spesso, deludenti, sino al triplice
fischio. I 22 gol finora segnati, di cui 4 su calci di rigore, sono gli stessi
segnati dal Crotone, terz’ultimo, uno in più del Vicenza, ultimo in classifica,
mentre, nei piani alti della classifica, si vedono i 35gol segnati dal Lecce,
primo, e i 34 del Frosinone (prossimo avversario dei grifoni), con il
rendimento modesto, come il Perugia, c’è solo il Cittadella, con 25 reti. Ma
d’ora in poi le prestazioni dell’orchestra di Alvini potranno essere
apprezzate, con una certa continuità, anche al “Curi”? Penso di sì. Perché ci
sarà Cristian D’Urso, che, come trequartista, potrebbe essere l’ispiratore di un
gioco offensivo più rapido ed efficace, e perché Olivieri, in attacco, può dare
il suo contributo realizzativo. Vantaggi notevoli per far rendere, e vedere,
anche in casa, il Perugia da trasferta. L’obiettivo è salvarsi, ma sperare in qualcosa
di più e di meglio credo che sia possibile, è alla portata di Massimiliano
Alvini e della sua strampalata, pazza orchestra.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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