Otto e mezzo, su La 7, le serate in Tv con il processo al solito imputato
Ogni sera, dal lunedì al
venerdì, va in onda, su La7, Otto e mezzo, la trasmissione condotta da Lilli
Gruber. È considerato un talk show, ma è un termine vago, generico, improprio,
diciamo di copertura, perché l’udienza si svolge, invece che in tribunale, in
Tv. Lo studio televisivo, abilmente mimetizzato dalla scenografia, induce a
pensare che si tratti di una semplice trasmissione, ma basta che Lilli apra
bocca ed è subito processo. Con tutti i protagonisti e i soggetti del processo.
Quando i temi sono di politica interna, c’è il solito imputato: il governo. Sul
banco degli imputati, anche se in contumacia, non può che esserci la massima
responsabile, Giorgia Meloni. La Meloni, tra l’altro, oltre che come presidente
del Consiglio è sempre e comunque colpevole per il peccato originale che porta dai
tempi della Garbatella e del Msi, e cioé di essere fascista. Da cui non si
potrà mai liberare, e a cui pensano e ricorrono gli invitati in studio ogni
qualvolta la cronaca non suggerisce altri capi d’imputazione più caldi e di attualità,
diciamo è un reato evergreen, tenuto
in frigo, sempre pronto ad essere tirato fuori, e utilizzato, quando il
dibattito langue. Lilli Gruber, da padrona di casa, fa la parte del leone (o,
se preferite, della leonessa) e si è riservata più ruoli. È il procurato capo
che stabilisce il capo d’imputazione, guida l’accusa, dirige le indagini e i suoi
sostituti, che sono tanti, ne citiamo solo alcuni, oltre a Marco Travaglio,
procuratore aggiunto, i sostituti sono Massimo Giannini, Tomaso Montanari, Andrea
Scanzi, Gianrico Carofiglio, Alessandro De Angelis, Lucio Caracciolo. Mentre
l’accusa è di tre o quattro persone, la difesa è sostenuta sempre da uno solo.
Su quella sedia è spesso seduto Italo Bocchino, il cireneo, sempre in
difficoltà perché è impossibile replicare ai tre/quattro interventi che in
genere precedono il suo; non solo, Lilli, appena lui sta per dire qualcosa di importante,
per cercare di controbattere alle accuse precedenti, gli toglie la parola e
passa ad altro. Tra i difensori ci sono, rigorosamente sempre uno alla volta, anche
Alessandro Sallusti, Brunella Bolloli o Mario Sechi. Ci sono pure i testimoni,
gli ospiti che pure se non sono veri e proprio accusatori come i pm, danno
consistenza al dibattito, anzi al dibattimento, con le testimonianze quasi sempre
a favore dell’accusa, come Paolo Mieli e Beppe Servegnini. Testimone principe,
convocato come persona informata sui fatti, c’è spesso Massimo Cacciari, il
quale, però, va a ruota libera e prova, qualche volta, ad uscire fuori dal
canovaccio ideato da Lilli, in questi casi la conduttrice può fare poco perché
se il filosofo viene contraddetto si arrabbia (o fa finta di arrabbiarsi, con
un vezzo da brillante intellettuale) e cazzia chiunque non la pensi come lui.
Alla fine non c’è bisogno che Lilli, che è, naturalmente, anche il giudice,
rediga la sentenza vera e propria. Il telespettatore, con tutte le voci contro
e una vocina a favore, è chiaro che è come se avesse letto una sentenza di
condanna, che spesso, come detto, riguarda direttamente Giorgia Meloni. Quando non
è lei personalmente, c’è sempre qualcuno dei tanti sprovveduti ministri e
collaboratori (non si fa alcuna fatica a trovarne qualcuno, ogni sera) del suo svampito
cocuzzaro. Ho solo raccontato quello che avviene, non voglio e non posso
criticare, non solo perché spesso sono d’accordo, ma perché, in fondo, fanno da
contrappeso ad altre trasmissioni, dove ci sono le guarnizioni di destra, con
l’elmetto e la baionetta in canna, schierate a difendere, sempre e comunque, Giorgia
Meloni e il suo modo di governare. Forse, non è il massimo, ma è quello che
succede la sera in Tv. In alternativa, in contemporanea, su Rai 1, ci sono
sempre, sedativi e rilassanti, i pacchi di Affari tuoi.
Fortunato
Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia
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