Il ragionamento "a pera" della Corte di Cassazione
Forse
sono l’unico a usare questo termine: “a pera”, quando qualcuno prova a fare un
ragionamento che non mi convince, perché attaccato ad una premessa impropria,
deviante, sbagliata. Premetto, anche, che non condivido affatto, e sono sempre
dalla parte dei magistrati in questa guerra greve, oltre che grave, continua,
assurda tra la magistratura e una parte della politica. E non perché i
magistrati non sbagliano; Dio solo sa quante volte lo facciano, in buona e in
mala fede, per colpa e per dolo, ma perché è un’istituzione che deve essere salvaguardata
e tutelata, perché è necessaria, un baluardo per i cittadini onesti,
indispensabile in un paese democratico. Ora, però, ho appena letto che la Corte
di Cassazione ha condannato il governo a risarcire “un danno ingiusto” ai migranti
per “l’illegittima privazione della libertà” in quanto, come, certamente,
ricorderete, nel 2018, sono stati tenuti per 5 giorni sulla nave “Diciotti”
della Guardia Costiera perché Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno, li
ha bloccati sulla nave prima di farli scendere a Catania. Per questo il
ministro è stato già processato e assolto. Ora il caso è stato rispolverato
dalla richiesta di risarcimento di 41 dei 177 emigranti e dalla decisione dei 9
giudici della Cassazione di condannare al risarcimento il governo, cioè noi. Ecco,
questa, mi sembra, una sentenza frutto di un ragionamento “a pera”. E spero che
non sia originata da acredine contro il governo. Comunque sentenza del tutto
sbagliata. E per tanti motivi. I migranti erano già stati salvati dal naufragio,
e questo non mi sembra un banale dettaglio, poi sono stati regolarmente
assistiti, e non poteva essere diversamente in quanto erano su una nave dello
Stato, una nave della Guardia Costiera. Detto questo è necessario aggiungere
che lo Stato italiano è sovrano, e come qualunque altro stato deve avere il
diritto, e il potere, di negare, per una serie di motivi, l’ingresso sul
proprio territorio di chiunque. Senza per questo dover poi essere chiamato in
giudizio. Cosa assolutamente diversa è l’aiuto umanitario, l’accoglienza e l’assistenza
in cui l’Italia mi pare già faccia abbastanza. Ma poi, se dovessimo estendere
il ragionamento fatto in questo caso dai giudici della Cassazione, potremmo
pretendere e chiedere in tanti casi il risarcimento per “danno ingiusto”. Un esempio
è il danno ingiusto, e peraltro frequente, quando non ci viene fornita adeguata
assistenza sanitaria, come peraltro prevede la Costituzione (art. 32) e che
abbiamo pure pagata in anticipo con i contributi, versati dal primo giorno di
lavoro. Insomma, mi pare che questa volta la Corte di Cassazione abbia commesso
un errore grave, una sentenza “a pera”, incomprensibile ai più.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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