La crescente astensione dal voto passa inosservata, mentre vengono esaltate le percentuali surreali

 

Sempre più grave e sempre ignorato, passa nella totale indifferenza la notizia che gli elettori che si recano alle urne siano sempre meno. Un dato gravissimo, un vulnus alla democrazia, eppure trascurato dall’informazione, ignorato dai cittadini, minimizzato dai politici e dalle istituzioni. Nelle elezioni di domenica e lunedì scorsi c’è stata una “bassa affluenza al voto dei cittadini di madrelingua italiana” in Alto Adige per le Provinciali, una diminuzione di circa il 7%, rispetto alle votazioni precedenti, alle comunali di Foggia e una vera débâcle, un caso limite, nelle elezioni suppletive per il seggio al Senato nel collegio Monza/Brianza, lasciato libero dalla morte di Silvio Berlusconi, dove, a votare, c’è andato (ricordiamolo: in due giorni) solo il 19,2 %. Ha vinto il candidato del centrodestra Adriano Galliani, con il 51,46 %, ma, di fatto, il vicepresidente e a.d. del Monza calcio è stato eletto con il 9,88% degli elettori (il 51,46% del 19,2%). Che democrazia è mai questa? La colpa - mi si potrebbe subito obiettare - non è però di Galliani, semmai di chi non è andato a votare. Relativamente. Non ce l’ho con Galliani, ovviamente, semmai contesto le modalità con le quali i segretari dei partiti scelgono i candidati, che poi condizionano gli elettori se andare o non andare a votare. In questa occasione, però, si è esagerato un po’, in quanto Adriano Galliani è stato scelto perché amico fedelissimo, da 44 anni, di Silvio Berlusconi, ed è stata la famiglia Berlusconi a nominarlo, erede, e di fatto proprietaria di Forza Italia, (leggi: “I partiti politici di proprietà, una gravissima anomalia, un vulnus alla Costituzione”) di cui si è accollata pure i debiti che ammontano a 90 milioni di euro. Come se il seggio al Senato fosse un bene della famiglia Berlusconi da assegnate a chiunque, a piacimento. Ma lo scandalo è che tutto il Parlamento, di fatto, a causa di una pessima legge elettorale, viene nominato dai sette/otto segretari dei partiti. Gli elettori che vanno a votare non scelgono nulla, mettono solo l’avallo, peraltro, come si vede, nemmeno indispensabile, sulle scelte fatte dai segretari nazionali. Sono criteri e modalità che hanno pesanti ripercussioni negative. E mi stupisco come la questione, e il problema, non interessi a nessuno, eppure si tratta di una situazione che ha conseguenze pesanti perché sta a dimostrare la inutilità del voto, così che votare o non votare è la stessa identica cosa. I politici non si preoccupano, tanto il seggio in Parlamento è assicurato comunque. Che cosa si può fare? Sarebbe semplice: non assegnare il seggio se a votare non ci è andato almeno il 50 % degli aventi diritto. Bisognerebbe, ovviamente, modificare la Costituzione. Così l’art. 56: “Il numero dei deputati è di quattrocento, ma il numero definitivo dipende dalla partecipazione al voto degli aventi diritto”. Stessa cosa per l’art. 57: “Il numero dei senatori elettivi è di duecento, ma il numero definitivo dipende dalla partecipazione al voto degli aventi diritto”. Se ci fosse già stata questa modifica, Adriano Galliani, per esempio, non sarebbe stato eletto e la circoscrizione avrebbe perso il rappresentante. Questa “rivoluzione” (che non avverrà mai) avrebbe almeno due effetti positivi. Dare importanza e valore all’astensione dal voto che è, comunque, una scelta di cui bisogna tenere conto. E costringere i segretari dei partiti, per non perdere il seggio, a scelte oculate e responsabili, evitando le candidature, senza un minimo di capacità, di familiari, parenti, amici e amanti. Il “dovere civico” di votare, sancito dalla Costituzione, dovrebbe valere anche per i segretari dei partiti nella scelta dei candidati.  

Fortunato Vinci – www.lidealiberale. com – Agenzia Stampa Italia

 

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