Senza pregiudizi, qualche domanda impertinente, sulla lotta al Covid-19, al presidente Conte
La situazione nella
guerra che stiamo combattendo contro il Covid-19 è seria e impegnativa, e
sarebbe da irresponsabili non rendersene conto. E bene fanno le autorità,
sanitarie e politiche, a tutti i livelli, ad essere preoccupati e a prendere decisioni
e a suggerire comportamenti adeguati per arginare questa terribile epidemia che
sta mettendo in ginocchio il Paese. Tuttavia ci sono, anche nell’ultimo dpcm di
domenica scorsa, divieti che non convincono, alcuni addirittura sono contro
l’evidenza e la logica. Ci siamo permessi il 15 ottobre di suggerire (leggi:
“Le poche idee, urgenti e sensate, in tempi di virus, che riguardano la
scuola”) dei provvedimenti sulla scuola che ci sembravano urgenti, anzi
urgentissimi e sensati. Dicevamo che poiché il pericolo di contagio - una delle
poco cose certe, in questo guazzabuglio di notizie - erano, e lo sono tuttora,
gli assembramenti, il fatto di stare vicini uno all’altro era da considerare
comportamento ad alto rischio. E quand’è che una persona è costretta a stare,
come in una scatoletta di tonno, pressata vicina al prossimo? La mattina (e nel
primo pomeriggio) in pullman e sui treni della metropolitana, passeggeri per
motivi di lavoro e studenti per andare a scuola. La logica e il buon senso,
suggerivano di fare di tutto per evitare queste occasioni di contagio. L’unica
iniziativa, che peraltro non avrebbe comportato alcun costo, era quella di far
stare a casa gli studenti delle ultime tre classi delle superiori. Si tratta,
calcolati alla buona, di quasi due milioni di giovani. Era il primo
provvedimento da prendere, immediatamente, quando la curva dei contagiati
cominciava a salire. Facilissimo. A costo zero. All’inizio di ottobre. Le
lezioni, ci ripete in maniera ossessiva il ministro dell’Istruzione Lucia
Azzolina, si devono fare a scuola, come se a scuola ci fosse andata solo lei,
ed è stata sempre contraria ad ogni chiusura. Assumendosi così enormi
responsabilità. Certo che è così, ma
adesso siamo in una situazione di assoluta emergenza, di normale - ancora non
lo ha capito - non c’è proprio nulla, possibile che le lezioni, per un mese o
due, non si possano fare a distanza? Forse
perché a casa, gli studenti, non hanno il banco con le rotelle? È sempre cosa
sgradevole - si sa - parlare in prima persona, ma sono costretto a farlo. Io non
solo ho fatto le scuole per laurearmi ma per trent’anni ho fatto anche
l’insegnante nelle scuole superiori, e posso tranquillizzare e rassicurare il
ministro che agli studenti seguire le lezioni da casa non provoca alcun trauma,
hanno un’abilità straordinaria nel maneggiare computer e smartphone che possono
fare benissimo tutto ciò che bisogna fare senza che succeda nulla. I ragazzi
sono abbastanza capaci e intelligenti da capire la situazione e sono
disponibilissimi ad adattarsi alle novità imposte dall’emergenza. Se il governo
avesse preso subito questa decisione oggi non sarebbe stato costretto, non solo
a fare quello che andava fatto i primi giorni di ottobre, ma a chiudere un po’
tutto. Perché i viaggi, sui mezzi affollati, sono le principali e più pericolose
occasioni di contagio. Lo ammette, finalmente, lo stesso presidente Conte nella
lettera di risposta all’appello del maestro Muti, pubblicata dal Corriere della Sera di oggi, “per
decongestionare il traffico e le occasioni di contagio nelle ore diurne abbiamo
incentivato lo smart working e il
ricorso alla didattica a distanza nelle scuole secondarie di secondo grado”.
Infatti il dpcm prevede almeno il 75% delle lezioni alle superiori a distanza.
Con notevole, deplorevole, irresponsabile ritardo. E, adesso, nel bel mezzo di una confusione
indescrivibile, ha preso provvedimenti che non solo non convincono e non
servono, danneggiano pesantemente molti settori della nostra economia. Con promesse
di rimborsi e “ristori” che costano miliardi. Che sono - vale per chi non lo
avesse ancora capito - debiti da dover pagare, prima o poi. Stop a cinema e
teatri, palestre e piscine. Che senso ha, per esempio, chiudere bar, ristoranti,
pasticcerie alle 18? Sì, vorrebbero evitare le occasioni di movimento delle
persone. Ma ammesso che possa valere per le grandi città, che c’entrano i
piccoli centri? Il contagio può
avvenire, se non si seguono i protocolli di sicurezza, anche alle otto, alle
dieci o a mezzogiorno. Mille o duemila persone con la mascherina, in uno stadio
che ne può contenere diecimila o quarantamila, come possono infettarsi? Si fa -
è chiaro anche questo - pensando così di evitare che queste mille, o duemila
persone, salgano e affollino i mezzi pubblici, ma è vero solo in parte, perché
questi movimenti avvengono una volta alla settimana, in giorni festivi o
prefestivi e in orari in cui in genere i mezzi pubblici non sono affollati. E
ci sono, tra questi mille, quelli che usano il mezzo proprio. Insomma, come si vede, le proteste, se non
sconfinano nella violenza, appaiono più che legittime. Quello però che non solo
non è legittimo, è anche irritante e vergognoso, è il comportamento dei
politici che stanno contemporaneamente al governo e all’opposizione. Decidono
con Conte e poi stanno con chi protesta. Matteo Renzi è uno di questi.
Intollerabile.
Fortunato Vinci
– www.lidealiberale.com- Agenzia Stampa Italia
Commenti
Posta un commento