La canoa di Leo, diventata nave "Risorgi", ha preso il largo. Limbadi guarda con fiducia.
In principio Pantaleone Mercuri
aveva solo una canoa, con tre posti: lui e i fratelli, Angelo e Luigi. I
familiari li guardavano con curiosità e preoccupazione. Anche qualche amico, tenendosi,
però, a debita distanza, non si pronunciava sulla scelta avventurosa. L’intenzione
di fare il sindaco, infatti, in un paese ancora commissariato - non c’erano
dubbi - aveva tutti i crismi per essere considerata un’impresa, di quelle cui
servono esperienze costruttive e di navigazione. E non c’era né l’una né l’altra.
I comandanti di lungo corso in esilio, invidiosi e preoccupati, sbirciavano e
irridevano. Possibile? Possibile che uno sprovveduto, senza nessuna esperienza,
possa riuscire a far diventare quella piccola, innocua, banale imbarcazione da
diporto in una nave, con relativo equipaggio, in grado di affrontare il mare
aperto. Un semianalfabeta amanuense, senza capire nulla, pensava, con la biro,
di poter essere d’intralcio al progetto, via via sempre più concreto, convincente
ed ambizioso. Possibile, a Limbadi, terra di mafia? Sì, possibile. Fatevene una
ragione. Lo hanno detto in maniera inconfutabile gli elettori. E così Leo è salito
sulla nave, al cui varo hanno presenziato le autorità, diventando il comandante
di un equipaggio giovane, capace e volitivo, con compiti ben definiti, evitando
ammutinamenti, pure nell’aria. Ora è già in mare aperto. Sulla tolda, con lui,
il vice, Pino, con il binocolo a scrutare l’orizzonte evitando burrasche e
temporali. A leggere e studiare le carte nautiche ci sono Alessandra e Simona,
ma anche tutti gli altri per poi scegliere, insieme, le rotte da seguire. Peccato
solo che sulla riva siano rimasti Giuseppe, Tonino, Rosaria e Matteo. I
limbadesi sparsi per il mondo, compiaciuti, guardano con fiducia e curiosità la
navigazione appena cominciata.
Fortunato Vinci
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