Il compromesso indecente nel processo a Toti, ex presidente della Liguria
Da
quattro mesi, sui giornali e in tv, si è detto di tutto sulla vicenda
giudiziaria di Giovanni Toti, presidente della Liguria. I Pm di Genova, dopo
quattro anni di indagini, lo hanno fatto arrestare accusandolo di diversi
reati, dalla corruzione al traffico di influenze, dal voto di scambio al
finanziamento illecito, al falso. Dagli arresti domiciliari, Giovanni Toti ha
sempre detto, sostenuto dai giornalisti e dai giornali e tv del casato
berlusconiano, la sua assoluta innocenza. I giudici, però, non ci hanno mai
creduto, tanto che hanno sempre temuto che potesse ripetere uno dei tanti reati
per cui era accusato e fino a quando non si è dimesso da presidente della
Regione è rimasto agli arresti, seppure in villa. Ora, su suggerimento degli
stessi Pm, Toti ha scelto - come suo diritto - la strada più breve e più
semplice per risolvere la questione, accettando, con il patteggiamento, una
condanna a due anni e un mese per due reati, “corruzione impropria e violazione
della legge sul finanziamento ai partiti” e, invece del carcere, 1500 ore di “lavori
di pubblica utilità” che poi significa, come a suo tempo fece Silvio Berlusconi,
andare a trovare dei vecchietti e raccontare loro qualche barzelletta. Perché,
allora, questa soluzione, se sarà accettata anche dal Tribunale, è, come
scritto nel titolo, indecente? Lo è per l’imputato che è costretto ad
accettarla perché sa che imboccare la strada cosiddetta ordinaria, dei tre
gradi di giudizio, significa spese enormi per gli avvocati e un eterno
stillicidio di notizie, vere e presunte, e con la fine del tunnel tra i cinque
e i dieci anni. Un’eternità. Un calvario che chiunque abbia la possibilità
cerca, a tutti i costi, di evitare, anche se - ed è gravissimo solo ipotizzarlo
- si ritiene innocente. Sia chiaro, non intendo sostenere che Giovanni Toti sia
innocente, peraltro non ho alcun elemento per dirlo, cerco solo di mettermi nei
suoi panni, cioè nei panni di tutti coloro che capitano ad essere, a vario
titolo, imputati e poi a distanza di molti anni, passati in carcere o solo in
attesa di giudizio, si vedono riconosciuti innocenti. In tutti quei casi, e
sono tanti, il responsabile, il colpevole, è lo Stato, che non è in grado di
garantire una magistratura capace di accertare, rapidamente e con assoluta
certezza, la responsabilità penale dei cittadini sottoposti ad indagine. Questo
è veramente grave e intollerabile. E, allora, appare del tutto improprio
parlare di una vittoria della procura, ci sarebbe stata se Giovanni Toti fosse
andato in carcere per scontare due anni e un mese, non così, con questa pena
ridicola. Questo - mi sembra anche piuttosto evidente - è un triste, patetico compromesso.
Invece dell’interminabile scontro diretto con la magistratura, per dimostrare
la propria innocenza, si preferisce la partita amichevole, che finisce in un pareggio,
pure concordato. L’indecenza di una giustizia a metà, che non è giustizia, che
non accontenta nessuno, la prova, amara e malinconica, del fallimento dello
Stato di diritto.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia
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