Gli inganni dei leader con le candidature e il nome nel simbolo del partito
“I leader candidati sono ferite alla
democrazia”. C’è voluto l’indignato e allarmato giudizio di Romano Prodi sulla
candidatura dei segretari dei partiti alle elezioni Europee per svegliare e
porre all’attenzione dell’opinione pubblica una questione di una gravità
inaudita. Chiedere il voto per essere eletti al Parlamento europeo sapendo che
non si andrà mai a Strasburgo e a Bruxelles è al, tempo stesso, peraltro
abbastanza evidente, un inganno e una offesa ai cittadini. Di questo, i
cosiddetti leader, ne sono certamente consapevoli, eppure intendono farlo lo
stesso, con la massima, consueta, indecente disinvoltura. Sanno che i
cittadini, ormai stanchi e rassegnati, non protestano più per nulla, accettano
passivamente quello che passa il convento. E il convento, per farli stare
buoni, ricambia, con i bonus (l’ultimo, in queste ore, lo stanno decidendo a
palazzo Chigi), non facendo pagare i
tributi (record mondiale di evasione fiscale), bonus per ristrutturare le
abitazioni (110% e dintorni) incentivi per comprare l’automobile, cancellazione
dei reati più diffusi, abbassamento di ogni genere di controlli, agevolazioni
fiscali incostituzionali per alcune categorie ( flat tax e dintorni), etc.
L’unica protesta è quella di non andare a votare, il 50,2% di assenti alle
elezioni appena concluse in Basilicata, e con Alessandro Sallusti che parla,
senza pudore, di “straordinaria maggioranza del centrodestra”. Se ci fosse un
minimo senso dello stato, sarebbe, questa fuga dalle urne, un messaggio
gravissimo, ma i politici lo ignorano tranquillamente perché a loro non porta
nessuna conseguenza. Intanto nel Pd, la segretaria Elly Schlein, all’ultimo, dopo
aver confermato la sua candidatura, ha deciso di non fare un altro strappo cioè
quello di porre il suo nome nel simbolo del partito come peraltro hanno già
fatto, Meloni, Salvini, Calenda, Brugnaro, Toti, Lupi, De Magistris, etc. ciò
che appare una violazione della Costituzione, che non prevede i partiti personali
e padronali. Peraltro, situazioni che possono creare conseguenze serie e imbarazzanti.
Quando i maggiorenti della Lega, dopo le elezioni Europee, che saranno, com’è
assai probabile, l’ennesimo flop del segretario Matteo Salvini, gli chiederanno
le dimissioni dalla guida del partito, come anticipato, qualche settimana fa,
da Umberto Bossi, festeggiando i 40 anni del partito: (“Serve un nuovo leader
che porti avanti l’obiettivo dell’autonomia e rimetta al centro la questione
settentrionale”) , Salvini si potrebbe indignare e opporsi, dicendo che i
voti che ha preso il partito – molti o pochi non importa – sia alle Politiche
che alle Europee sono suoi, perché gli elettori non hanno votato la Lega, hanno
scelto e votato la Lega di Salvini, che è cosa ben distinta e diversa. La
questione, ovviamente, non riguarda solo Salvini, ma tutti coloro che hanno
messo il proprio nome nel logo del partito e con il quale si sono presentati
alle elezioni. È un ragionamento di lana caprina? Può darsi, ma non ne sono
certo.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
Sempre GRAZIE, carissimo Giornalista Fortunato, della tua ahimè "vox clamans in deserto"!
RispondiEliminaCari saluti
Mario Solinas
Caro laudator temporis acti, e’ ormai ora che ce ne facciamo una ragione. Il nostro mondo, incluso quello politico, sta rapidamente scomparendo e poiche’ non saremo mai capaci di adeguarci al nuovo, e’ meglio lasciare libero il campo, se non vogliamo che siano loro a spingerci fuori gioco in malo modo. Ti ricordi le parole di Bob Dylan, di 60 anni fa (ancora straordinariamente attuali)? Your old road is rapidly agin’ / Please get out of the new one if you can’t lend your hand / For the times they are a-changin’. Facciamone tesoro.
RispondiEliminaFF
This was aa lovely blog post
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