Giorgia ed Elly, due donne al capezzale di "pazienti" in rianimazione: il Paese e il Pd
C’è una diffusa attenzione, con indici di gradimento
piuttosto alti, per Giorgia Meloni (52) presidente del Consiglio e Elly Schlein
(36) appena proclamata, segretaria del Pd. Si guarda, con estremo interesse e molta
curiosità, quello che fanno, sperando che sappiano fare bene. D’altronde, sono
state chiamate per l’emergenza, come avviene con il 118, perché nel reparto rianimazione
c’era il Paese del dopo Draghi e il Pd del dopo Letta. Così che sono stati
assegnati loro, dalle complesse contingenze, compiti estremamente impegnativi.
L’euforia per essere donne, e sol per questo sappiano certamente assolvere bene
questi ruoli, mi sembra eccessiva e inopportuna. E una deminutio capitis, per entrambe. A noi non interessa il sesso, è
molto più importante, per le questioni che andranno ad affrontare, il cervello.
E allora saranno brave e capaci, a prescindere dal fatto di essere donne. Come
avviene da sempre e dappertutto. Giorgia Meloni è stata votata ed ha ottenuto
la maggioranza con il suo partito, Fratelli d’Italia e l’alleanza, scomoda ma
indispensabile per vincere, con la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia di
Silvio Berlusconi. Il successo elettorale, ancorché scontato, a molti è
sembrato sorprendente, ma la ragione principale è stata proprio nella
situazione disperata, con gli elettori che non avevano trovato candidati
ritenuti migliori o, comunque, più affidabili. Non a caso, l’astensione, il 25
settembre, ha raggiunto numeri preoccupanti. Gli avversari, peraltro, avevano
deposto le armi già prima di cominciare a combattere, presentandosi al voto in
ordine sparso, Pd, 5 Stelle, Azione-Iv e altri germogli sinistrorsi quando, invece,
sarebbe stato necessario, almeno per provare a competere, una larga coalizione.
Di questa condizione ne ha tratto vantaggio Giorgia Meloni che, ora, sta
provando, bisogna ammettere, con tanto impegno e buona volontà, a guidare un
Paese con molti problemi. Finora, lo ha fatto con troppi scivoloni in poco più
di cinque mesi; ma la coesione con gli alleati - a parte quando si fa il
Karaoke - c’è solo a tratti, e la qualità dei singoli ministri, si è già visto
(e sentito) non è granché. L’elezione di Elly Schlein è avvenuta, invece, con
le primarie, ma a fare la differenza non sono stati gli elettori iscritti al Pd,
che, invece, avevano votato, in maggioranza, Stefano Bonaccini, ma gli
“esterni”, come se il sindaco lo votassero non quelli del comune, ma quelli dei
comuni vicini. È vero, è stato sempre così, ciò non toglie che questo metodo
non mi sembra più democratico, ma stupido, fino all’autolesionismo. Perché i
non iscritti al partito, che sono certamente in maggioranza, potrebbero essere
indotti a votare il peggiore candidato possibile per poter, poi, trarre
vantaggio, ovviamente, nella competizione elettorale. Insomma un clamoroso,
ridicolo autogol. Specialità, peraltro, in cui eccelle il Pd. Forse non è
successo in questa occasione, comunque, il primo problema, per Elly, è stato proprio
quello di tenere unito un partito, la cui maggioranza degli iscritti voleva un
altro segretario, e lo ha fatto chiamando il rivale, Bonaccini, alla presidenza
del partito, evitando (sperando di evitare) scissioni e contrasti. Se ci sarà
riuscita lo vedremo con il tempo. Intanto, hanno sorpreso le prime
dichiarazioni. “Abbiamo dei mali da estirpare, non vogliamo più vedere
capibastone e cacicchi”. Sembra debba fare, prima di tutto, un’operazione di
polizia. Certo, qualche problema ci dovrà pur essere se sono stati cambiati
undici segretari in quindici anni. Poi, ha aggiunto qualcosa di interessante: “Faremo
un’opposizione netta e rigorosa, ma ad ogni critica corrisponderà una proposta
alternativa”. Bene. Allora, mi permetto di suggerirne una. Il governo,
specificatamente Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, ha come obiettivo primario
- e non si capisce bene perché - il ponte sullo Stretto di Messina. La proposta
alternativa potrebbe essere questa: è inopportuno spendere miliardi di euro per
un’opera che non servirà certamente a ridurre i tempi di percorrenza, perché
già oggi, con le navi attualmente in servizio, delle ferrovie dello Stato e
private, lo Stretto si attraversa in soli 25’ (venticinque minuti) i treni lo
fanno in 45’ perché devono fare qualche manovra. Se si vuole veramente facilitare
e incoraggiare il trasporto ferroviario e stradale nel Sud, riducendo
drasticamente i tempi di percorrenza, in treno e in automobile, ci sono da
fare, con precedenza assoluta, la strada ferrata (400 km) da Salerno a Reggio
Calabria, per consentire l’Alta velocità, oggi impossibile per le
infrastrutture obsolete, costruite più di cento anni fa. E sono da rifare le
linee ferroviarie in tutta la Sicilia. Per il trasporto stradale la situazione
non è migliore. A parte l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, solo da qualche
anno finalmente decente, il resto delle strade, in Calabria e Sicilia, sono in
pessimo stato. Dissestate quasi tutte, per il manto stradale in condizioni
pessime, ma, anche, senza guard rail,
catarifrangenti e strisce per terra, così che non garantiscono, agli
automobilisti, nemmeno un minimo di sicurezza. Ecco un esempio di come Elly
Schlein, con il “suo” Pd, e gli altri partiti dell’opposizione possono aiutare
Giorgia Meloni e il governo a non sbagliare. Suggerendo una doverosa, e
responsabile, scaletta delle priorità. Al ponte, semmai, si penserà dopo. Le
priorità, adesso, come si capisce facilmente, sono altre.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com
– Agenzia Stampa Italia
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