I politici che cadono dal pero e il popolo bue che assiste, sgomento e impotente, a spettacoli penosi

 

La vigliacca, diabolica strategia della politica per distrarre dai veri problemi il popolo bue, ogni giorno, mette in cartellone una nuova, avvincente commedia, sistematicamente incentrata sul nulla. Prima c’è stata, per giorni, la “vittoria dello Stato” per aver, dopo trent’anni, arrestato, finalmente, il feroce mafioso, stragista, Matteo Messina Denaro, gravemente ammalato, che, avendo bisogno di cure, ha fatto di tutto per farsi arrestare, come, peraltro, era stato anticipato, in Tv, da un suo sensale. Da qualche giorno, invece, va in scena il digiuno di Alfredo Cospito, l’anarchico condannato all’ergastolo che vuol farsi morire se non viene tolto il 41 bis, ma non a lui, a tutti, mafiosi e terroristi. Sulla cattura di Messina Denaro i politici sono caduti dal pero ed hanno scoperto che il mafioso ha avuto molti aiuti e che i siciliani, compaesani del mafioso, sono stati omertosi perché non hanno avuto il coraggio di denunciare la sua presenza nel paese siciliano. Ma la “borghesia mafiosa” che lo ha protetto, come l’ha chiamata il procuratore De Lucia, è composta soprattutto da politici, non solo quelli che stanno nell’ombra, anche quelli che stanno, in bella mostra, nelle istituzioni; ma su questi non s’indaga e non si parla. Si parla e s’indaga, invece, sull’omertà dei siciliani. Ma che cosa devono denunciare se, a volte, è lo Stato che protegge i mafiosi e paga, senza pudore, i vitalizi a politici, pregiudicati, in carcere? E tentano di far credere che sia tutto sorprendente, come se, nel resto d’Italia, tutti i cittadini, onesti e coraggiosi, denunciano tutto quello che vedono di illegale. Infatti l’Italia detiene, con orgoglio, il record mondiale di evasione fiscale e di corruzione. Solo che i siciliani, e i meridionali in genere, hanno diritto, almeno, alle attenuanti: non avendo al loro fianco lo Stato (del tutto assente), a parlare e denunciare, rischiano la propria vita e quella dei familiari. Accantonata la questione Messina Denaro, è salito alla ribalta Cospito. E scoprono che, in carcere, ha avuto modo di parlare con alcuni mafiosi, anche loro al 41 bis, e indovinate di cosa hanno parlato? Del 41 bis, contro cui si battono, da anni, anche loro. Sapere queste cose, però, è stata un’enorme sorpresa per tutta la classe politica che, invece, aveva immaginato che, incontrandosi - Cospito e i mafiosi - avessero parlato di Amadeus e del Festival di Sanremo. A dirlo, anzi a rivelarlo, alla Camera è stato Giovanni Donzelli (FdI), che ha fatto riferimento ad un documento dalla natura incerta, anzi incertissima: “riservato e non divulgabile” la Repubblica; Nordio: “non erano carte segrete” Corriere della Sera; “carte riservate” La Stampa. Donzelli ha, poi, ha avuto l’ardire di chiedere ai quattro parlamentari del Pd, che sono andati in carcere a verificare le condizioni di Cospito, ma, visto che c’erano, scambiando qualche idea anche con i mafiosi, se sono con i terroristi e i mafiosi. Ed è successo il finimondo. Certo che ha sbagliato Donzelli, perché, visto che c’era sull’argomento, avrebbe dovuto chiedere ai parlamentari Serracchiani, Verini, Lai e Orlando quante volte sono andati, invece, a trovare i familiari delle vittime della mafia e del terrorismo. Si è trattato, ancora una volta, di alzare un polverone che serve per nascondere i veri problemi, che sono: l’inflazione, con il potere d’acquisto di stipendi e pensioni in picchiata; l’assistenza sanitaria che più tempo passa e più costringe i malati (dopo aver pagato, per quarant’anni, i contributi per l’assistenza sanitaria) a doversi pagare le cure in strutture private; l’autonomia differenziata che consentirà di fare 20 “staterelli”; le strade, da Nord al Sud, dissestate e pericolose. Questa è l’indecente situazione, cui il docile popolo bue assiste, sgomento, impotente e rassegnato.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

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