Lo scandalo legittimo della scarcerazione di Giovanni Brusca

 

Si è sentito di tutto in questi ultimi tre giorni sulla scarcerazione di Giovanni Brusca, 64 anni, boss mafioso siciliano, colpevole di avere ucciso Giovanni Falcone, la moglie e i tre agenti di scorta, sventrando, con 500 kg di tritolo, un tratto di autostrada nei pressi di Capaci, sciolto nell’acido un bambino e ucciso 150 persone, libero dopo 25 anni di carcere. Vuol dire che, siccome non poteva fare di più e di peggio, non esiste più l’ergastolo. In realtà esiste, fino a quando non sarà del tutto abolito come si chiede da più parti, ma, intanto, lo si può aggirare con una certa facilità, basta collaborare con la giustizia per ottenere consistenti sconti di pena fino alla completa liberazione, come prevede la legge. Per questo sono stati del tutto inopportuni e intollerabili tutte quelle indignate dichiarazioni dei politici che, se fossero stati veramente scandalizzati, invece di quel penoso, inutile, delirio parolaio, avrebbero già provveduto a cambiare una legge che dicono (sempre loro) essere vergognosa. Perché - è il caso di ricordarlo - tutto è stato fatto in maniera legittima, uno scandalo, ma rispettando la legge.  Quella legge concepita, e voluta, proprio da Giovanni Falcone, conseguenza del prezioso aiuto dato alle sue indagini dal famoso pentimento di Tommaso Buscetta. Il fatto che sia stata sollecitata dal magistrato, simbolo della lotta alla mafia, non vuol dire, però, che sia giusta e perfetta. Ha detto al Corriere della Sera l’ex pm Giuseppe Ayala: “Purtroppo bisogna essere pragmatici, quasi cinici, è una questione di costi e benefici, la legge ha funzionato”. E quando gli è stato fatto notare che si potrebbe escludere, dai benefici di pena, personaggi così violenti e sanguinari come Brusca, cosa che, in verità, abbiamo pensato un po’ tutti in questi giorni, Ayala ha replicato: “Non si può sezionare la legge in sala chirurgica. E spesso è da lì che arrivano le collaborazioni più utili”.  È vero che i pentiti hanno aiutato lo Stato a scoprire molti reati, ma questo dimostra che lo Stato non è in grado, da solo, senza i pentiti, veri o presunti, di scoprire e punire i responsabili di gravissimi reati. Una dimostrazione d’impotenza che preoccupa e sconcerta. La seconda questione è che ci sono, al momento, tanti ergastolani, molti dei quali non possono usufruire di sconti di pena per la semplice ragione che non hanno nulla da raccontare ai magistrati, perché si tratta di “delitti semplici” di cui si è già detto tutto nei dibattimenti dei tre gradi di giudizio. Penso a un tizio sventurato, senza soldi, con un difensore azzeccagarbugli, che abbia ucciso, per futili motivi, due condomini. Questo, molto probabilmente, uscirà dal carcere dentro una bara, Brusca, con quel pesantissimo fardello di orrori, è già libero. Quello che irrita ancora di più sono le incredibili, e francamente incomprensibili, premurose attenzioni dello Stato dopo la liberazione: scorta, casa gratis, 1500 euro al mese più 500 euro per ogni familiare a carico. Qui si è superato abbondantemente il limite della decenza. Questo è troppo ed è intollerabile, pensando ai vecchietti con pensioni da fame o ai disoccupati che non sanno come sbarcare il lunario per mantenere la famiglia. Brusca ha paura di essere ucciso?  A parte che il rischio di poter essere ucciso lo ha scelto lui, e fa parte della sua professione di mafioso, con o senza pentimento, ma l’aiuto dello Stato, dopo aver chiesto scusa a tutti i familiari delle sue vittime, può essere limitato solo a questo: se teme di rimanere in Italia, aiuto ad espatriare, cambiando nome, in qualsiasi altro Paese, e pensione sociale. Basta. E mi pare sia già troppo, per un sanguinario. 

      Fortunato Vinci- www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

 

 

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